I giudici hanno dichiarato prescritto il reato
La Cassazione ha dichiarato prescritto il reato di falso per i carabinieri Roberto Mandolini e Francesco Tedesco già condannati in uno dei processi per la morte di Stefano Cucchi. I giudici della Suprema Corte hanno annullato senza rinvio riconoscendo il reato estinto per intervenuta prescrizione. Nel processo di appello bis, nel luglio scorso, Mandolini era stato condannato a tre anni e sei a Mandolini e Tedesco a due anni e 4 mesi. Quest’ultimo è il militare dell’arma che con le sue dichiarazioni aveva fatto riaprire le indagini.
«Roberto Mandolini. Colpevole e salvato dalla prescrizione». Così su Facebook Ilaria Cucchi commenta, postando una foto di Mandolini, la decisione della Cassazione. Il maresciallo Mandolini era il comandante della stazione dei carabinieri dove fu portato Cucchi dopo il fermo. Già nel processo di appello il rischio prescrizione era concreto. Il procuratore generale aveva chiesto di dichiarare non ammissibili i ricorsi.
Per i due imputati la Cassazione aveva disposto un secondo processo d’appello il 4 aprile scorso, giorno in cui ha reso definitive le sentenze a 13 e 12 anni per militari dell’Arma, Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro, accusati di omicidio preterintenzionale in quanto ritenuti gli autori materiali del pestaggio di Cucchi avvenuto il 15 ottobre del 2009 nella caserma Casilina dove era stato portato dopo il fermo effettuato durante un controllo in cui fu trovato in possesso di sostanze stupefacenti.
Il giovane venne picchiato, preso a calci e pugni. Mandolini e Tedesco erano accusati di avere falsamente attestato, nel verbale di arresto di Cucchi, la rinuncia da parte del giovane romano alla nomina del difensore di fiducia. Nelle motivazioni con cui gli «ermellini» avevano disposto un nuovo processo di appello si affermava che gli imputati avevano «soprattutto omesso di menzionare quanto realmente accaduto durante il tentativo fallito di effettuare i rilievi fotosegnaletici» a Cucchi e in particolare avevano taciuto sulla «partecipazione del Di Bernardo e del D’Alessandro alle operazioni di arresto».
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