Governo Meloni e ammucchiata (Pd, M5s Cgil) del «no»: nessuna tregua

di Mimmo Della Corte

Pnrr: 164mila progetti, di cui 62mila per 35miliardi relativi al Sud

A sette giorni dall’incoronazione della Schlein a leader, ormai è chiaro. «C’è del nuovo (poco, qualche faccia) e del vecchio (tanto: visi conosciuti, odio per il governo, e, soprattutto, per Fdi e Meloni, perché i più temuti; i tentativi di presentarli come «indegni e disumani»; e le tesi: le solite, i diritti civili) nel nuovo Pd.

Un vecchio – che sposta il partito all’estrema sinistra, puntando a costruire un asse con grillini, sardine ed alicette, ansiose di gettarsi nella padella di Elly, insieme alla vecchia ditta – per niente, bello. Tant’è che, dopo aver avvertito i capibastone, che con lei non ci sarà spazio per trattative, la neo «capa», temendo scissioni e fughe, ha provveduto a spartire, con gli stessi ex big, le poltrone di partito, manuale Cencelli alla mano.

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Così, vecchio e nuovo si sono rimescolati e tutto è ripartito da dov’erano rimasti. Dal «faccia a faccia» parlamentare fra segretaria del Pd e premier. Che, purtroppo, per la sfidante non è stato un grande esordio da leader di partito.

Spara alla Meloni, ma per la rabbia colpisce i suoi amici

Ha chiesto, alla premier, perché «è contro il salario minimo, visto che l’Italia è l’unico Paese Ocse nel quale dal 1990 al 2020 il salario medio annuale è diminuito nonostante la crescita della produttività», dimenticando che in quegli anni a governare sono stati quasi sempre i suoi amici, Amato, Ciampi, Prodi, D’Alema, Monti, Letta, Renzi, Gentiloni, Conte 1, Conte bis con maggioranze di centrosinistra. E’ un merito tutto loro quindi essere riusciti a tanto.

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La Meloni glielo ha ricordato, ribadendo, poi, che «ciò impone a questo governo l’obbligo di fare quello che può per invertire la rotta». E, il Cdm di giovedì ha dato il via libera all’iter di riforma fiscale con tre aliquote Irpef, zero Iva per beni di prima necessità, detrazione delle spese di lavoro anche per i dipendenti e alla realizzazione del Ponte sullo stretto. Ma, immediatamente è tornata l’ammucchiata rossogialla (Pd, M5S) del «no».

Del resto, da un partito che – anziché con le vittime dei naufragi, si schiera a difesa di trafficanti umani; che trasforma – per convenienza politica – gli aggrediti in aggressori e a Torpignattara non ha pagato per 5 anni le rate condominiali della propria sezione (10mila euro) col rischio che a pagarli siano i coinquilini del palazzo; e che ha provveduto a saldare i debiti dello storico quotidiano di partito l’Unità – (oltre 100milioni) grazie a un’apposita legge 224/1998 del governo Prodi, con le tasche dei cittadini (anche quelli non di sinistra) – cos’altro ci si poteva attendere? Niente di diverso da quello che è successo all’Europarlamento nei giorni scorsi.

Casa green e il congresso della Cgil

Con il M5s e l’astensione del Terzo polo, hanno detto «sì» alla direttiva sulle case green entro il 2030 scaricando su ogni famiglia un costo da 40mila euro in su, indipendentemente dal loro reddito. Certo si dice, che potrebbe contribuire l’Ue. Può darsi! Ma da dove prenderà le risorse? Dai Paesi federati. Già e dove le troveranno questi? Nelle nostre tasche, no! Un ritocchino alle tasse, e via! Già e meno male che l’Europa avrebbe dovuto arricchirci.

Ma «dal dire al fare c’è di mezzo il mare» Mediterraneo, naturalmente. Ma la Cgil – dopo aver taciuto a lungo negli anni scorsi, – ha deciso di ridiscendere in campo, annunciando manifestazioni di protesta, contro la riforma fiscale. Ma bisogna riconoscere che il fatto che Meloni abbia scelto proprio il congresso sindacale più ideologicamente distante da lei, per spiegarne i contenuti e l’attenzione che i delegati le hanno riservato, nonché il rispettoso applauso finale – non certo una «standig ovation» e insufficiente a nascondere il dissenso – può rappresentare il punto di partenza per un cambiamento dei rapporti fra politica e lavoratori nell’interesse del Paese. Anche se quel «Bella ciao» con la quale è stata accolta all’inizio e salutata alla fine, dimostra che, per il momento, non c’è tregua, ma solo rispetto armato.

Festival Euromediterraneo dell’Economia, da Napoli i primi numeri del Pnrr

Intanto, cominciano a venire alla luce i primi numeri relativi al Pnrr, se ne è parlato nell’ambito del Festival Euromediterraneo dell’economia organizzato a Napoli dal «Quotidiano del Sud», diretto dall’ex direttore del «Sole24ore», Roberto Napoletano. I progetti presentati finora sono complessivamente 164mila, di cui 62mila relativi al Mezzogiorno per oltre 35miliardi.

Ma, per quanto riguarda quelli del Sud, ne sono stati già validati appena 19mila. Ma dalla Campania ne sono arrivati 16mila per un totale finanziario di 10. Per quanto attiene i settori d’intervento nel Sud 12mila progetti per circa 7,5miliardi attengono a: «ambiente e transazione ecologica»; 5mila per 2miliardi «sviluppo del capitale umano». Tra gli interventi significativi per la crescita dell’area mediterranea e l’attrazione d’investimenti esteri: le «zone economiche speciali».

Infine, la spesa finora registrata nel 2022 ammonta a 24miliardi e mezzo sui 190 complessivi del Pnrr ovvero il 12,9%. E la maggior parte è andata a incentivare Industria 4.0 e bonus edilizi. Come – sono numeri per il momento ancora solo sulla carta – ma di concreto se ne registra poco. Come si vede, c’è ancora tanto (e di più) da lavorare e non solo per il Sud, ma anche per l’alt(r)a Italia.

Setaro

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