Intercettato un summit a casa di Ciro Mazzarella
L’espansione territoriale «a tutto il Vesuvio dove ora comandiamo noi», il pizzo «per il rispetto ai carcerati» e il riciclaggio «nella benzina». Ecco la fotografia che fa il gip Ambra Cerabona del clan di Ciro Mazzarella, figlio di Gennaro, che ha portato all’arresto ieri mattina di 24 indagati accusati di aver gestito clan dal quartiere napoletano di San Giovanni a Teduccio fino ad arrivare a San Sebastiano al Vesuvio, Ercolano, Portici, Cercola.
«I Paesi vesuviani sono diventati nostri», dice Umberto Luongo, 45 anni. Dall’inchiesta dei carabinieri del Nucleo Investigativo di Napoli sugli affari del clan Mazzarella di Napoli emerge l’interesse del clan al commercio e alla distribuzione degli idrocarburi. «Un business che consente di poter riclare imponenti somme di denaro frutto di attività illecite», sostiene il gip dopo le indagine della Dda (pm Antonella Fratello).
I militari dell’arma intercettano un summit a casa di Ciro Mazzarella il 30 aprile 2019. Al suo cospetto c’erano tutti i boss del clan. L’obiettivo era capire perché era stata imposta una tangente dai D’Amico, cosca satellite gestita da Umberto D’Amico, a un distributore di benzina vicino ai Mazzarella. «Senti, a questa pompa di benzina … non si deve fare niente», dice Ciro. D’Amico replica: «Non gli abbiamo cercato niente… gli diamo 50mila euro… ci vuoi far guadagnare su un camion di benzina a settimana? Noi non vogliamo niente… vogliamo solo qualcosa di soldi… noi l’estorsione non la stiamo cercando». A questo punto Ciro Mazzarella ribadisce l’ordine: «Quelli che stanno carcerati si devono rispettare… dobbiamo fare bella figura perché oggi stiamo noi fuori».
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