La Sicilia in crisi prima di cominciare. Frantumato il quadro politico

Se un tempo vi era il manuale Cencelli, oggi a rendere tutto scriteriato sono i capricci senza fine e le ambizioni fuori luogo

Le vicende del Governo Schifani di questi giorni, rese pubbliche nell’assemblea regionale siciliana, sono lo specchio-riflesso di una discussione sotto traccia che anziché sedarsi è divenuto momento squallido di una politica che non riesce più a trovare regole che la coordinino e criteri che la portino a scelte coerenti. Se un tempo vi era il manuale Cencelli, oggi a rendere tutto scriteriato sono i capricci senza fine e le ambizioni fuori luogo.

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Non è il sapere a reggere lo schema, ma è una furbizia sciocca che serve solo a raccattare uno stipendio. Ebbene da ciò deriva lo sconquasso, l’implosione di un mondo che oltre ad essere lo specchio di una guerra di tutti contro tutti è la rappresentazione esiziale di una classe dirigente che non riesce più a fare due passi senza sostegno, senza badante, senza tutele. Il passo malfermo di questa politica fa emergere le debolezze, ma soprattutto l’incapacità di poter alzare gli occhi e guardare avanti verso l’orizzonte per comprendere la direzione di marcia.

Ecco che, così, la politica rimane legata ad una sorta di «niente» perché non sa camminare, non dico lestamente, ed inciampa ad ogni piè sospinto e per di più poi non sa neanche balbettare quanto meno per farsi capire. Oggi l’impoverimento è proprio dovuto al non essere in grado di farsi capire e, per derivazione, di far diventare incomprensibile il garbuglio tattico che sorregge l’azione politica.

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Non vi è più una sintassi che faciliti il compito della comunicazione e soprattutto non esiste più la grammatica, quale fondamentale piano ispiratore, per poter costruire una strategia. Ecco che la politica senza strategia non solo è poca cosa, ma anche cammino randagio senza un fine realizzativo, senza radicare un pensiero ed ancor più senza saper coltivare una prospettiva di crescita culturale e di sviluppo economico.

Rimane solo una dimensione «covidizzata», senza respiro, che vive una sorta di dispnea, che, patologicamente, non fa arrivare ossigeno al cervello. Per cui si rimane impantanati in una palude di schermaglie e poca visione, in cui le briciole sembrano pagnotte, illudendosi che la percezione della gente possa assicurare credibilità e fiducia. Ebbene continuare così significa far perdere il senso ai valori, all’intelligenza ed alla stessa furbizia. Si rimane impietriti a guardare con disgusto persone senza qualità che rimangono abbarbicate alle poltrone senza arte, né parte e senza i requisiti minimi di competenza.

Così la politica non è.

E la Sicilia fornisce l’ennesimo laboratorio che conduce sempre più in basso il livello di discussione, ovvero realizzando quella versione politica in cui l’evanescenza diviene la nota caratterizzante il contesto che stiamo vivendo. Cesare Garboli, raffinatissimo intellettuale, diffidava delle idee evanescenti che mancavano di sostanza, appartenenti ad una realtà inafferrabile che si riduce a forma senza legittimazione morale e soprattutto senza partecipazione consapevole dei cittadini.

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Così si incarna nel popolo una sorta di estraneazione che porta ad uno sfilacciamento del tessuto sociale e politico, fino a rendere i sogni e le utopie vere e proprie «cialtronate» che non possono più tradursi in una concreta narrazione storica. In questa veste il gioco politico diviene una scommessa, appare come un gioco d’azzardo che, nel dibattito sul ruolo della politica e, in particolare, sulla ricerca della formula ottimale per l’esercizio del potere, si riduce a mero bluff.

Ed invero, l’azione della politica oggi sembra orientata a dare un rilevante contributo alla tesi, seguita dalla più autorevole dottrina, secondo cui tra i modelli ipotizzabili quello democratico, seppur deve essere ritenuto preferenziale in quanto propositivo di una costituzione politica che, meglio di ogni altra, garantisce – come puntualizza Bobbio – «la più ampia e più sicura partecipazione della maggior parte dei cittadini … alle decisioni che interessano tutta la collettività», rimane tuttavia un modello di democrazia che abbassandosi di livello e di valore, nel riferimento al moderno sistema dell’»agire pubblico», va definito ed accompagnato alla stregua di un’idea procedurale, sulla quale tutti si può essere d’accordo e quindi tutti si può partecipare alla discussione pubblica per ovviare ad un ben più solido rischio di essere commissariati ad ogni stadio democratico, partendo dalla dimensione locale andando a finire a quella regionale e nazionale.

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