Governo, per la manovra si parte da 21 miliardi: tre quarti per caro energia

I dossier già aperti sul tavolo del Cdm e del ministero dell’economia sono tanti

Un calendario serrato e tante urgenze. E’ la strada stretta lungo la quale il governo lavora per comporre il puzzle dei vari dossier economici. Un incastro non facile, ma che comincia a prendere forma. Le stime del deficit programmatico che si stanno definendo nell’aggiornamento della Nadef delineano infatti la dote iniziale da cui parte la legge di bilancio, una cifra compresa tra 10 e 21 miliardi.

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Inoltre, qualunque sarà il valore finale della manovra, è certo che la fetta più consistente, i tre quarti delle risorse, sarà destinata a quello che il governo considera la priorità: il pacchetto di aiuti per aiutare famiglie e imprese sul fronte del caro-energia. I dossier già aperti sul tavolo del governo e del ministero dell’economia sono tanti. E l’intenzione è di lavorare con una tempistica molto stretta per garantire il pieno rispetto dei tempi.

La premier Giorgia Meloni e il titolare del Mef Giancarlo Giorgetti hanno fatto il punto insieme ad altri ministri per decidere come procedere. Il cronoprogramma tracciato parte dall’integrazione della Nota di aggiornamento al Def, che il governo uscente ha messo a punto solo nella parte tendenziale: il quadro programmatico, per il quale si attendono gli ultimi dati dell’Istat sul Pil nel terzo trimestre in calendario lunedì, dovrebbe fissare l’asticella del deficit nel 2023 ad un valore compreso tra il 3,9% e 4,5% del Pil. Considerando che la previsione tendenziale è al 3,4%, questo aprirebbe uno spazio di manovra per il prossimo anno tra 9,5 e 20,8 miliardi.

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Nadef, Dpb e la relazione sull’aggiustamento di bilancio

La Nadef dovrebbe arrivare in cdm, insieme all’aggiornamento del Documento programmatico di bilancio (Dpb) e al Rapporto sull’evasione ereditato dal precedente governo, ai primi di novembre, comunque entro la prossima settimana. Completato questo tassello, sarà la volta della Relazione sull’aggiustamento di bilancio, che richiede l’approvazione a maggioranza assoluta del Parlamento, necessaria per poter utilizzare il ‘tesoretto’ di circa 9,4 miliardi di minor deficit lasciato dal governo Draghi per finanziare il nuovo decreto aiuti ‘quater’.

Ma si sta lavorando anche per riuscire a trovare altre risorse, cercando nelle pieghe del bilancio, in modo da poter arricchire il decreto (che quasi sicuramente conterrà la proroga a dicembre dei crediti di imposta per le imprese energivore e dello sconto benzina) con qualche misura considerata più incisiva per famiglie e imprese: potrebbe trattarsi di una replica del bonus da 150 euro già concesso a novembre, oppure l’introduzione di uno scudo di sei mesi per la morosità incolpevole per chi non riuscirà a pagare le bollette.

Il lavoro è ancora in itinere, ma si punta a chiudere entro la metà di novembre: a dettare i tempi dell’arrivo del nuovo decreto in cdm saranno anche gli impegni internazionale della premier, che il 7 e 8 novembre sarà a Sharm El-Sheikh per la Cop27.

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Una volta fatto il decreto, tutti gli sforzi saranno concentrati sulla manovra. Cui guardano con attesa anche le opposizioni: il Pd si sta preparando le proprie controproposte e ha già annunciato tre giornate di mobilitazione per presentarle. I tre quarti delle risorse della manovra, fanno sapere fonti del governo, andranno al pacchetto energia, il resto alle altre misure.

Gli altri provvedimenti

Si lavora sul cuneo (sicuro che si dia continuità al taglio di 2 punti) e sulle pensioni (c’è da evitare lo scalone al primo gennaio); per accrescere il reddito disponibile delle famiglie, si studia una estensione dei beni primari con l’Iva ridotta al 5%, che potrebbe comprendere i prodotti per l’infanzia come indica il programma di FdI. Quasi certa una modifica della norma sugli extraprofitti, per la quale si studiano due correttivi: modificare la base imponibile oppure alzare la percentuale (ora al 25%) del prelievo.

In arrivo anche l’innalzamento del tetto al contante (dagli attuali 2mila euro si punta ad arrivare a 5mila), tema che continua ad animare il dibattito, con il presidente dell’Anticorruzione Busia che mette in guardia: «oltre certi importi ormai non si paga più cash, a meno che non si tratti di attività illegali o di economia sommersa».

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