Il piccolo Giuseppe si poteva salvare ma i soccorsi furono allertati troppo tardi

di Redazione

La mamma Valentina Casa e il patrigno condannati all’ergastolo

Assomiglia a un film dell’orrore la storia di Giuseppe, ucciso a bastonate per aveve rotto il letto mentre stava saltado sul materasso con la sorellina, anche lei picchiata selvaggiamente una fredda domenica mattina di fine gennaio 2019. Una morte assurda, avvenuta a Cardito, comune dell’hinterland di Napoli, che ha visto protagonista un bimbo colpevole solo di essere vivace.

Una morte che poteva essere evitata e che, secondo i giudici della Corte di Assise di Appello di Napoli è sopraggiunta anche a causa della madre che ha assistito alla furia del compagno senza correre in aiuto dei figli. Ieri, i due imputati, non hanno battuto ciglio – il primo in video collegamento dal carcere dov’è detenuto, l’altra presente, dietro le sbarre dell’aula 320 del Tribunale di Napoli – quando il presidente Algonso Barbarano ha letto il dispositivo con il quale è stato confermato l’ergastolo per Tony Essobti Badre e inflitta la massima pena anche a Valentina Casa, in primo grado condannata a sei anni di reclusione.

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Determinante – per l’esito finale del processo – è stata la seconda perizia chiesta dal legale di Badre, l’avvocato Pietro Rossi, attraverso la quale è stato dimostrato, di fatto, che Giuseppe, con un celere intervento dei sanitari, si sarebbe potuto salvare. In primo grado, invece, il consulente riferì che per lui non ci sarebbe stato nulla da fare, anche sei i soccorsi fossero stati immediati. Né la mamma, né il patrigno quella mattina, dopo la violenta aggressione e l’evidente stato di stordimento di Giuseppe, che andò a stendersi su un letto dove poi fu trovato esanime, chiamarono il 118.

«Sono stati investiti»

I soccorsi vennero coinvolti solo quando ormai era troppo tardi, quando Giuseppe non rispondeva più, diverse ore dopo le botte, e, peraltro giusticando stato in cui vennero trovati – il maschietto praticamente morto e la femminuccia sfigurata – con una bugia: «sono stati investiti». Un incidente di cui non si è trovata traccia, smentito dalle intercettazioni. Fu la femminuccia sopravvissuta, probabilmente, solo perché quando Tony la picchiava faceva finta di svenire (un segreto che rivelò anche al fratellino che spesso invitava a imitarla) a dare una mano agli inquirenti, a fargli capire, con i suoi disegni, l’orrore e il terrore nel quale aveva vissuto fino a quel momento.

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Sia per lei, sia per la sua sorellina più piccola, presente quel tragico 27 gennaio 2019 in casa, ma lei sì tratta in salvo dalla mamma, si è aperto un nuovo capitolo: sono state adottate da un’altra famiglia che, si spera, potrà dare loro l’amore di cui hanno bisogno.

Non si può non menzionare il ruolo svolto in questa vicenda dalle maestre: li hanno visti entrare in classe tumefatti e, nel caso della bimba, una volta, anche con un vistoso taglio all’orecchio frutto di un colpo ricevuto da Badre, ma ritennero opportuno credere alle giustificazioni che le venivano propinate («è caduta dalla bicicletta», per esempio). Il prossimo primo dicembre inizierà il processo che le vede imputate per omessa denuncia.

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