La crisi pilotata

Il M5S oggi non parteciperà al voto di fiducia aprendo così la crisi di governo

Verifica di maggioranza. Lo aveva detto qualche giorno fa Silvio Berlusconi, lo ha ribadito ieri il segretario del Pd, Enrico Letta. La Prima Repubblica sta tornando, almeno sul piano della terminologia politica, ma il revival del passato potrebbe non finire qui perché il prossimo passo potrebbe essere la “crisi pilotata”.

Non un termine buttato lì a caso ma piuttosto la strada che da oggi pomeriggio potrebbe intraprendere Mario Draghi subito dopo il voto del Senato sul decreto Aiuti che, se da un lato segnerà l’ennesima fiducia per il governo, dall’altro lato certificherà il defilarsi del M5S dalla maggioranza così come ha annunciato il suo leader ieri sera. Infatti, al momento del voto i grillini usciranno dall’Aula.

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Crisi pilotata che è possibile sia stata delineata nel suo corso proprio dallo stesso Mario Draghi insieme al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nell’ultimo colloquio avvenuto tra i due qualche giorno fa al Quirinale.

In effetti, allora c’era ancora la speranza che Conte innestasse la retromarcia o che quanto meno la conferenza stampa di Draghi al termine dell’incontro con le parti sociali avesse sortito l’effetto sull’ex premier e sulla sua truppa di Cinquestelle di desistere dall’affondo; che le assicurazioni dell’ex governatore della Bce di una maggiore attenzione ai temi sociali, alla questione dei salari con un nuovo decreto ad hoc per fine mese avessero spinto i Cinquestelle a un atteggiamento più morbido.

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Il non voto dei 5S rappresenti un fatto politico

Invece, ieri lo showdown andato in diretta streaming dall’Auletta dei Gruppi della Camera dei deputati, dove Conte davanti ai suoi parlamentari ha ribadito la decisione di uscire dall’Aula al momento del voto di fiducia. Ecco allora stagliarsi all’orizzonte la crisi pilotata, perché è evidente che il non voto dei 5S rappresenti un fatto politico di cui né Draghi, né i partiti della maggioranza ma nemmeno Mattarella possono far finta di non tenerne conto. E il fatto stesso che Enrico Letta abbia rilanciato la questione della verifica di maggioranza, che proprio qualche giorno prima Berlusconi aveva sollevato, indica che il passaggio di oggi in Senato non sarà indolore.

Ma cosa potrebbe accadere? L’ipotesi più probabile è che una volta incassata la fiducia e palesatasi l’assenza dei Cinquestelle, Draghi salirà al Quirinale per riferire al presidente della Repubblica. Qui è possibile che decida di rimettere nelle mani del Capo dello Stato il mandato, in linea con quanto dichiarato nell’ultima conferenza stampa e che cioè senza M5S questo governo non va avanti. Concetto che avrebbe, peraltro, ribadito a Conte anche nella telefonata di ieri pomeriggio.

Rimesso il mandato, la palla sarà nelle mani di Mattarella il quale, ben lungi dal voler chiudere anzitempo la legislatura, potrebbe decidere di congelare le dimissioni e di rimandare Draghi in Parlamento per verificare se c’è ancora una maggioranza intenzionata a sostenere il suo governo. Scelta peraltro nemmeno tanto campata per aria visto che nel corso della diretta streaming Conte non ha mai parlato, né dato la sensazione, di voler staccare la spina al governo. Ha piuttosto precisato che la decisione di oggi è legata al decreto Aiuti, sottolineando in particolare la linearità con cui finora il Movimento ha agito riguardo questo decreto.

Il decreto Aiuti in Cdm

Non a caso già in Consiglio dei ministri quando fu varato il decreto Aiuti i ministri Cinquestelle non parteciparono al voto in aperto dissenso con la norma sul termovalorizzatore di Roma prevista nel dl. Insomma, così come nel CdM così in Parlamento. Niente di nuovo. Ecco perché avrebbe senso la decisione di Mattarella di rinviare Draghi davanti a deputati e senatori e in quell’occasione verificare se davvero esiste ancora una maggioranza per continuare ad andare avanti nell’esperienza di governo.

E conferme di un simile iter post fiducia arrivano anche dal Nazareno, dove Enrico Letta ha detto: «Chiederemo di fare una verifica per capire se questa maggioranza c’è ancora o no. E’ evidente che la scelta annunciata da Conte e dal M5s rimette in discussione molte cose, e in una maggioranza così eterogenea ci sono dei distinguo. Ma io non mi preoccupo, esiste il voto di fiducia che è fondamentale».

Ed in Parlamento sarà il momento della verità, forse tra lunedì e martedì, dove i partiti saranno messi dinanzi alle loro responsabilità, senza potersi nascondere dietro l’alibi di un decreto (Aiuti? Ad esempio). Qui molto probabilmente Draghi si presenterà con un’agenda di governo non solo più ricca ma anche più sensibile a quella lista di nove punti che giorni fa gli ha consegnato Conte, e soprattutto forte dei primi riscontri ottenuti dal confronto con le parti sociali.

Il termine della legislatura

In questa occasione sarà possibile anche un voto favorevole del M5S, mentre quello della restante parte della maggioranza sembra abbastanza scontato, consentendo così al governo di riprendere il proprio cammino fino al termine della legislatura, che potrebbe essere subito dopo la Finanziaria a fine anno piuttosto che a maggio come qualcuno da settimane ipotizza e denuncia.

Ecco lo scenario della crisi pilotata, una formula da Prima Repubblica ma che potrebbe andare bene anche adesso e questo perché in fin dei conti l’istinto di sopravvivenza dei parlamentari è sempre lo stesso. A prescindere che si tratti di Prima, Seconda o Terza Repubblica.

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