Avellino, Zabatta lascia il partito di Salvini: «La Lega è diventata la negazione di se stessa»

di Redazione

L’ex segretario della Lega Giovani di Avellino: «L’esperienza di governo è degenerata in un totale asservimento allo stesso»

Michele Zabatta lascia la segreteria provinciale della Lega Giovani ed esce dal partito di Salvini. «Non è più sostenibile rispetto alle mie idee politiche alcun prosieguo che non sia lesivo della mia onestà intellettuale e della mia coerenza logica e politica» afferma Zabatta.

«La Lega – spiega in un comunicato – è diventata la negazione di se stessa, il contrario di ciò che è stata quando ho aderito al progetto. È come aver scelto con felicità di salire sull’aereo che mi avrebbe portato a Londra per poi dover apprendere, durante il viaggio, che la destinazione finale sarebbe stata Madrid. Fuori da metafora, aderii ad un progetto identitario, sovranista, euroscettico, critico rispetto alla parzialità di certe istituzioni che invece pretenderebbero di essere super partes…»

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«E invece da due anni a questa parte sembra essere finiti, a voler utilizzare un eufemismo, nell’UDC, con Salvini che ringrazia Mattarella per il vaniloquio di fine anno come se niente fosse (basti vedere le reazioni del suo elettorato sotto questo post sui social) e con una certa area della dirigenza nazionale che non smette (benché, lo riconosco, abbia avuto delle resistenze interne) di cercare di guardare al centro per “normalizzare” il partito, ovvero renderlo un soggetto totalmente intrasistemico allo status quo».

«L’esperienza di governo, concepita come momento di vigilanza in un esecutivo a trazione unicamente di sinistra (rispetto alle cui motivazioni iniziali mi son trovato anche concorde), è in realtà degenerata in un totale asservimento allo stesso: l’unico margine di manovra rimasto è stato estendere o meno la super certificazione verde a parrucchieri e bancari (sembra una barzelletta). Sul tema immigrazione abbiamo un sottosegretariato all’interno totalmente incapace di ostare alcunché alle politiche filoimmigratorie del ministro degli interni, tanto da indurmi a chiedere quale sia stata la ragione per la quale fu pensato di inserirvelo sapendo che non avrebbe avuto potere alcuno sul dicastero».

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«Evito inoltre di proferire parola sull’organizzazione del partito nel meridione e nella Campania, su cui andrebbe scritto un libro a parte e rispetto a cui non mi va di dilungarmi in maniera esaustiva in questa nota, limitandomi a poche considerazioni».

«Devo convenire che il problema è molto più profondo (ahinoi) dell’essere solo politico o solo di questo o quel partito, che sia di destra o di sinistra, ma che evidentemente vada invece ricercato in una certa forma mentis del politicante medio di italica tradizione, piuttosto avvezzo a intrighi, manovre di palazzo, sotterfugi, tornaconti personali e mere ambizioni individuali piuttosto che alla militanza ed alla retta competizione per competenze quali strumenti per costruire il partito e organizzarlo sul territorio, definendone incarichi e qualifiche».

«In questi due anni ne ho dovute sopportare di cotte e di crude, ma fintantoché son stato mosso da nobili e maggiori cause (quelle esplicitate sopra, cioè portare avanti la causa del partito prima che “centrizzasse”) ho soprasseduto su tutto. Venute meno quelle, non vedo perché tollerare oltre. Lascio quindi che certi bizantinismi e logiche feudali si tengano lontani dalla mia persona».

«Resto comunque soddisfatto per l’esperienza, ché mi ha insegnato tanto e mi ha fatto conoscere persone speciali. Un saluto va invece a tutti i ragazzi della Lega Giovani e della Lega Giovani Campania, persone squisite e totalmente lineari nel loro operato, che ho avuto modo di conoscere e di apprezzare, alle quali resterò legato in una grande amicizia e da un profondo rispetto che trascende questa avventura politica volgente invece qui a termine» conclude.

Setaro

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