La prima manovra di Draghi accontenta il M5S e scontenta i leghisti
Sarà stato il G20 di Roma. Oppure l’indeterminatezza che ancora avvolge la manovra, ma il giorno dopo la presentazione ufficiale della legge di Bilancio 2022 è scivolato relativamente tranquillo. Al punto che è venuto il dubbio che davvero il premier Draghi avesse tolto i veli alla nuova finanziaria. Insomma, il day after è stato relativamente tranquillo, con i partiti che probabilmente attendono prima di capire nel concreto cosa prevedrà la manovra per poi iniziare a mettere ognuno le proprie bandierine.
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Infatti, è questo uno degli elementi che il giorno dopo immediatamente risalta agli occhi: tanti titoli, molte cifre ma in fin dei conti poca chiarezza su come queste risorse saranno spese. Sono stati proprio gli esponenti di Fratelli d’Italia a puntare il dito su questo punto, con entrambi i capigruppo di Camera e Senato, Lollobrigida e Ciriani, che hanno parlato di manovra che «non si può giudicare dai titoli» o di «fumosa conferenza stampa in linea con chi lo ha preceduto: tanti titoli, poca sostanza».
E la sensazione che ci fosse una continuità tra Conte e Draghi è venuta a molti nel corso proprio della conferenza stampa di giovedì. Nel mentre l’ex governatore della Banca d’Italia sciorinava numeri e cifre, spargeva rassicurazioni e dava conto degli applausi seguiti all’approvazione della manovra, sembrava di rivedere Giuseppe Conte e Roberto Gualtieri mentre annunciavano l’ormai tristemente famoso «bazooka» che però alla fine né famiglie e né imprese hanno mai visto.
Manovra, il taglio delle tasse e ‘Quota 100’
E così i 12 miliardi per il taglio delle tasse sono rimasti una cifra appesa ad una delle finestre di Palazzo Chigi, senza che fosse chiaro da dove fossero presi questi soldi e soprattutto quali imposte sarebbero state tagliate. Ci penserà il Parlamento, è stato questo il succo delle parole e del ragionamento fatto da Mario Draghi, prima, e dal ministro Franco, poi.
Stesso discorso per le pensioni dove l’unica certezza è quella della fine di ‘Quota 100’, con buona pace di Matteo Salvini, ma lasciando a una successiva trattativa con i sindacati la definizione del merito. Peraltro aggiungendo, quasi in modo minaccioso, che adesso il premier non si aspetta più uno sciopero generale.
Chiaro che in questo contesto così confuso per chiunque sia difficile parlare o commentare, con il rischio di poter essere facilmente smentito non appena la manovra sarà pubblicata o avrà iniziato i primi passi in Senato.
Legge di Bilancio in salsa ‘giallorossa’
Detto questo però qualcosa senza dubbio si può dire di questa manovra e qualche appunto si può fare. Prima di tutto che siamo dinanzi a una legge di Bilancio che sorride al Movimento Cinque Stelle e questo soprattutto perché il reddito di cittadinanza, la misura principe dei pentastellati, non solo viene mantenuto ma addirittura rifinanziato con uno stanziamento ulteriore di un miliardo di euro. E così per il 2022 saranno 9 i miliardi messi a bilancio.
Lo ha detto chiaramente il ministro Stefano Patuanelli per il quale il reddito di cittadinanza «diventa una misura strutturale», e questo alla faccia dei ministri del centrodestra che ne volevano l’abolizione. Ma il capodelegazione grillino va oltre e addirittura parla di «continuità con quanto fatto nel Conte 2» perché «abbiamo approvato una Legge di Bilancio che è per 3/4 a nostra firma».
E come dargli torto visto che scorrendo le misure accennate troviamo il prolungamento del Superbonus 110 per cento, sempre una battaglia grillina, oppure Transizione 4.0 diventata strutturale, o ancora il Fondo Centrale di Garanzia per le PMI rifinanziato con ulteriori 3 miliardi insieme a un ulteriore stanziamento contro il caro bollette, come richiesto proprio dal Movimento.
Salvini, ‘Quota 100’ e il ritorno alla Fornero
Di contro le parole di circostanza di Matteo Salvini, per il quale ‘Quota 100’ avrebbe dovuto rappresentare la linea del Piave e che invece si è trasformata in una Caporetto. Infatti, ‘Quota 100’ è una delle vecchie misure rottamate da Draghi, il quale non ha fatto mistero di non aver mai pensato a tenerla in piedi. Lo schema previsto è quello di Quota 102 per un anno e poi di una riforma che dovrà portare all’adozione definitiva del contributivo e quindi con l’allungamento dell’età pensionabile.
Questo spiega i toni laconici del leader leghista il giorno dopo: «Siamo soddisfatti perché abbiamo sventato il ritorno alla legge Fornero, che sarebbe stato un massacro dopo un anno e mezzo di Covid. Garantiamo il diritto alla pensione a centinaia e migliaia di lavoratori, tanti che nel 2022 potrebbe fruire di Quota 100 e poi dal prossimo anno si potrà mettere mano ad una riforma delle pensioni che ha come obiettivo della Lega quota 41».
Sulla sponda forzista il neo capogruppo alla Camera di Forza Italia, Paolo Barelli, preferisce guardare la futuro spiegando che «i margini di miglioramento sono ampi e noi abbiamo le idee chiare su dove intervenire».
E il Pd? È Enrico Letta a parlare chiarendo che «il nostro giudizio sulla manovra è molto positivo, credo che Draghi abbia fatto buone scelte nella buona direzione, con un messaggio importante per la crescita innanzitutto e per la coesione sociale del Paese». Insomma, per ora ridono solo i Cinquestelle che si rivedono in una manovra che riflette decisamente i colori del giallo e del rosso.
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