Dal Quirinale via libera al governo su vaccini e green pass. L’alleanza tra Mattarella e Draghi per resettare l’Italia

di Dario Caselli

Una completa sintonia che diventa copertura e legittimazione politica al governo

Mancava il richiamo a coloro che consigliando di non vaccinarsi fanno un appello a morire, ma per il resto l’intervento del presidente Mattarella era completamente sovrapponibile a quello del premier Draghi. E questo perché «la libertà è condizione irrinunziabile ma chi limita oggi la nostra libertà è il virus non gli strumenti e le regole per sconfiggerlo».

E continuando: «Se la legge non dispone diversamente si può dire: ‘In casa mia il vaccino non entra’. Ma questo non si può dire per ambienti comuni, non si può dire per gli spazi condivisi, dove le altre persone hanno il diritto che nessuno vi porti un alto pericolo di contagio; perché preferiscono dire: ‘in casa mia non entra il virus’». Un chiarissimo riferimento al green pass e un implicito via libera dal Colle qualora il governo ne volesse introdurne l’obbligo.

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E su tutto la considerazione che «il vaccino non ci rende invulnerabili ma riduce grandemente la possibilità di contrarre il virus, la sua circolazione e la sua pericolosità. Per queste ragioni la vaccinazione è un dovere morale e civico». Insomma, la conferenza stampa di Draghi della scorsa settimana e ieri il discorso del presidente Mattarella alla cerimonia del Ventaglio rappresentano due facce di una stessa medaglia.

O sarebbe meglio dire la conferma, se mai ce ne fosse stato bisogno, di una completa sintonia che diventa copertura e legittimazione politica al governo per quello che sta facendo e pensando per contrastare il diffondersi del Covid o meglio della variante Delta.

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Mario Draghi ‘figlio politico’ del presidente Sergio Mattarella

Nessuna sorpresa, quindi, anche perché in fin dei conti Draghi, come soluzione politica, è in un certo senso figlio di Mattarella. Sintesi anche della partita che da qualche mese si sta giocando in Italia e che in un certo qual modo punta a resettare l’intero sistema, volendo utilizzare una terminologia molto cara a un giornale emblema dell’attuale establishment: Il Foglio, per sperare che il prossimo Parlamento non riservi scherzi come le elezioni del 2018. È chiaro che si tratta di una speranza, perché alla fine tutto viene sempre deciso dagli elettori, che possono essere orientati o influenzati nelle loro scelte ma sempre fino ad un certo punto.

Insomma, sperare che accada quanto accaduto negli Usa dove Trump è stato archiviato, ma si badi bene non la sua politica, sostituito dal più accomodante Biden. E non sarà un caso che proprio questo passaggio di consegne abbia registrato il grandissimo attivismo di Matteo Renzi, che è stato determinante nell’uscita di scena di Conte e nell’avvio della nuova fase politica. Renzi che ha sempre dimostrato di essere un ottimo referente del mondo democrat e dell’establishment (leggasi Blair e Obama).

Ecco, leggendo l’intervento di Mattarella appare evidente l’alleanza fortissima tra Colle e Chigi per avviare questo reset. Al quale non sono estranei nemmeno i grandi media, a partire dai giornali, dove sempre più spesso si denota questa tendenza al reset. Nel centrodestra, ad esempio, dove il tentativo di blandire Salvini e di spingerlo verso la federazione con Forza Italia, imbrigliandolo in un partito neocentrista, è sempre più evidente. E di contraltare il tentativo di schiacciare verso l’esterno Fratelli d’Italia, cercando per quanto possibile di ridurre il suo peso all’interno della stessa coalizione.

Ricostituire un blocco politico modello Prima Repubblica

Così come il tentativo di animare un centro politico, di cui da anni si favoleggia l’esistenza ma che alla prova elettorale non è mai pervenuto, per ricostituire un blocco politico modello arco costituzionale della Prima Repubblica dove, per l’appunto, le ali più estreme siano tagliate fuori.

E non è certamente un caso quanto sta accadendo sul piano finanziario al Corriere della Sera, dove Intesa San Paolo è uscita dal CdA mettendo fine a quel sodalizio con Urbano Cairo che qualche anno fa fu determinante proprio per consentire all’imprenditore milanese di prendere il controllo di RCS. Non è un mistero, infatti, che con l’avvento di Cairo un vento Cinquestelle abbia iniziato a soffiare nelle vele di via Solferino (vedasi l’arrivo di Roberto Saviano).

La stagione populista/sovranista inaugurata nel 2018

E quindi chissà che adesso questa manovra di sganciamento, legata anche alla causa con il colosso Blackstone, non porti ad un ‘reset’ pure al Corriere della Sera. Non sarebbe una novità visto che molto spesso politica e giornali rappresentano vasi comunicanti. Anzi, piuttosto, confermerebbe l’esistenza di una manovra ad ampio raggio che punta alla normalizzazione del sistema politico, archiviando la stagione populista/sovranista inaugurata con le elezioni del 2018.

Peraltro, non è una novità che proprio il brutto risultato elettorale di due partiti-establishment come il Pd e Forza Italia sia la ragione di questa anomala legislatura, che infatti all’inizio aveva prodotto il primo ed unico governo populista e sovranista dell’Europa, quello gialloverde, poi fatto saltare in aria da un azzardato calcolo politico di Matteo Salvini.

Il lavoro messo in campo adesso è quello di creare le condizioni politiche per scongiurare che alle prossime elezioni si riproduca una simile situazione e in questo senso il primo banco di prova potrebbe essere l’elezione del presidente della Repubblica il prossimo anno, su cui già si stanno muovendo le rispettive diplomazie.

Vaccini, trasporti e scuola: tutto rimandato alla settimana prossima. Riforma Cartabia oggi in Cdm

Nel frattempo, c’è questa legislatura con i vari nodi da risolvere e sempre nell’ottica di quel reset del sistema. Del tema vaccinale si è detto, ed anche della traiettoria che il governo ha deciso di portare avanti. Oggi il Consiglio dei ministri non affronterà il tema dei trasporti e della scuola, se ne parlerà la prossima settimana ma dopo le parole di Mattarella tutto fa pensare ad un rafforzamento delle restrizioni. L’ipotesi è quella di introdurre l’obbligo del green pass a fine agosto qualora il numero degli insegnanti non abbia raggiunto la soglia del 90 per cento.

Più complessa l’introduzione di un obbligo per gli studenti. Si andrà avanti con campagne di sensibilizzazione. Per quanto riguarda i trasporti obbligo di green pass per la lunga percorrenza, mentre per quelli ordinari si rimoduleranno i limiti di capienza che adesso sono all’80 per cento.

C’è poi il capitolo giustizia. La riforma Cartabia sarà oggi all’esame del CdM con l’intento di chiudere la pratica. La sensazione è che il premier non voglia andare oltre le concessioni sui reati di mafia e terrorismo per cui non scatterebbe l’improcedibilità, anche perché non ha alcuna intenzione di aprire ad ulteriori trattative. Anzi la sensazione è che qualora registrasse irrigidimenti, soprattutto nel M5S, Draghi sarebbe pronto a presentare a Montecitorio il testo approvato all’unanimità qualche settimana fa dal Consiglio dei ministri, e su questo chiedere la fiducia.

Si tratterebbe di uno scenario delicatissimo per Giuseppe Conte che allora dovrebbe decidere la linea, anche se questo esporrebbe il M5S ad una pericolosa spaccatura. La giornata di oggi sarà, perciò, decisiva ma la sensazione è che nuovamente Draghi alla fine tirerà dritto ponendo tutti dinanzi al fatto compiuto. In fin dei conti l’operazione reset prevede anche questo, e certamente non estenuanti trattative e mediazioni. E non è questo che Mattarella chiese e disse a Draghi quando lo chiamò al Quirinale per guidare il nuovo governo.

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