Su Bagnoli nessun fallimento collettivo. Da Bassolino a De Magistris una lunga catena di responsabilità

Ugl: «Necessario nuovo modello di governance che coinvolga tutti i protagonisti». Lamura-Ferrari: «È mancata la visione, spetta alla politica dare un futuro a Bagnoli ma il Comune coinvolga il governo nazionale»

Bagnoli? Altro che fallimento collettivo, è un fallimento che porta la firma del centrosinistra di Bassolino e Iervolino e del decennio di De Magistris. È quanto emerso nel corso del webinar organizzato ieri da IlSud24.it ed a cui hanno partecipato gli ex consiglieri comunali di Napoli: Luca Ferrari, oggi anche dirigente nazionale di FdI per il dipartimento turismo, e Carlo Lamura; e gli esponenti dell’Ugl: Maria Rosaria Pugliese, segretario confederale Ugl Campania e Gaetano Panico, segretario provinciale Utl-Ugl Napoli.

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Insomma, se dalle colonne de Il Mattino non più di due settimana fa l’ex sindaco di Napoli, oggi nuovamente candidato, Antonio Bassolino cercò di scrollarsi di dosso la responsabilità di quanto accaduto a Bagnoli, parlando di «un fallimento collettivo» l’incontro di ieri è servito per ristabilire la verità dei fatti e distribuire in maniera precisa le colpe.

«Bagnoli è la testimonianza di un evidente fallimento della sinistra. 30 anni sono passati e siamo ancora al punto di partenza con una massa di denaro pubblico speso male, senza fare alcun passo in avanti», taglia corto Luca Ferrari che nel 1993 era in Consiglio comunale e che dagli scranni del Msi di Maschio Angioino cercò di contrastare Bassolino e la sinistra.

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«Questa – afferma passò dalla difesa dell’impianto siderurgico alla sua dimissione senza però che allora si avesse alcuna considerazione del turismo e della sua potenzialità a Napoli. E lo dimostra il fatto che all’inizio si pensò che Bagnoli potesse diventare il fulcro del turismo congressuale. Solo dopo ci si accorse che l’assenza di via d’accesso comode all’area rendeva di fatto impossibile questo progetto, che appunto alla fine crollò».

Ma la dismissione parse una strada percorribile allora anche al mondo sindacale, come ammette Maria Rosaria Pugliese: «In quel momento questa appariva una scelta coraggiosa ma giusta. È evidente che i trent’anni trascorsi dimostrano che qualcosa è andato per il verso storto e si è imboccata la strada del fallimento». Perché? La Pugliese tenta una spiegazione: «È mancata una visione d’insieme e soprattutto una gestione collettiva. Si è passati ad un commissariamento monocratico che è finito per non coinvolgere i territori e tutti i protagonisti. La governance, è questo uno dei problemi principali di Bagnoli e da questo riteniamo si debba ripartire».

Governance che, per la responsabile Ugl Campania, significa «un modello che si basi sulla coesione e sul coinvolgimento, capace di mettere attorno a un tavolo non solo in maniera formale tutte le categorie. Napoli ha sempre avuto molte anime e queste hanno rappresentato un elemento di ricchezza, l’aver voluto appiattire tutto senza una logica di ascolto e condivisione ha portato inevitabilmente al fallimento».

Bagnoli, Lamura: «Ancora oggi non si sa cosa fare a Bagnoli»

Sul fallimento pesa, precisa a sua volta l’ex consigliere comunale di Alleanza Nazionale Carlo Lamura, anche la «mancanza di una visione e di prospettiva. Ancora oggi non si sa cosa fare a Bagnoli. La spiaggia va recuperata? Oppure bisogna lasciare la colmata a mare? E la bonifica, perché a distanza di 30 anni ancora non parte? E gli stessi magistrati con tutto lo sperpero di risorse pubbliche stanziate per la bonifica per quale ragione sono stati fermi?».

Il dato, continua Lamura, «è che da Bassolino fino a De Magistris c’è una continuità ideale di fondo nel fallimento su Bagnoli e sulla mancata riconversione turistica-commerciale. Lo conferma la decisione improvvida di De Magistris di sottoscrivere l’accordo di programma dei ministri Trenta e Bonafede per l’installazione nella zona di Cavalleggeri d’Aosta, nella Caserma Battisti, di due carceri, che avrebbero dovuto integrare e sostituire quello femminile di Pozzuoli e quello minorile di Coroglio. Altro che turismo, due carceri!».

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Un atto d’accusa che sembra anche confermare i sospetti che da tre decenni si rincorrono e cioè che mai nessuno abbia avuto le idee chiare su cosa fare di Bagnoli una volta smantellata l’Italsider.

«Noi ponemmo subito due questioni – ricorda Panico – la riqualificazione del territorio come attrattore turistico e l’occupazione, nel senso di recuperare quei lavoratori ormai senza più lavoro e che negli anni avevano svolto attività usuranti e spesso a contatto con l’amianto. Niente di questo è stato fatto. Chissà che oggi la pandemia non ci insegni qualcosa: con 2 milioni di metri quadrati da bonificare sarebbe possibile realizzare strutture a norma e capaci di rispettare il distanziamento. Lo spazio è abbondante per parchi, sale convegni, grandi ristoranti. Una grande opportunità».

Ferrari: «Napoli possiede un portafoglio turistico come nessuna città italiana»

Ma continua ad essere il turismo la destinazione d’uso per Bagnoli, perché come ripete Luca Ferrari «Napoli possiede un portafoglio turistico come nessuna città italiana. Non è legata a un turismo stagionale, ma può garantire un’offerta per 365 giorni l’anno. Il problema è che finora non ha utilizzato queste risorse. Basterebbe guardare i numeri: prima della pandemia 3 milioni i turisti all’anno per Napoli che rispetto ai 30 milioni di Roma ed i 12 di Milano e Venezia o i 10 di Firenze fanno impallidire. Ma di più non potremmo fare perché scontiamo un deficit di strutture alberghiere. Ecco Bagnoli potrebbe essere la risposta e dare un grandissimo impulso».

E così si torna al grande tema e cioè, come ribadisce Maria Rosaria Pugliese, «stabilire quale vocazione dare a questi territori. Per noi dell’Ugl Bagnoli dovrebbe diventare un asse portante specifico sia per la città di Napoli e sia per l’intera Campania in una logica che non può esaurirsi nei semplici quattro anni di consiliatura ma abbracciare un arco temporale più ampio. Insomma, una programmazione che parta da una visione che solo la buona politica può dare, evitando gli errori di questi decenni che hanno lasciato ai margini delle scelte di Bagnoli sia il mondo datoriale e sia quello del Terzo Settore».

Però può la politica, che ha finora fallito su Bagnoli, diventare la soluzione? «Certo, spiega Lamura, ma perché questo avvenga è necessaria lungimiranza. Senza dubbio spetta al Comune di Napoli, all’amministrazione locale affrontare il tema Bagnoli ma non può e non deve rimanere limitato soltanto alla città. Chiunque sia il sindaco dovrà evitare di ripetere gli errori di Bassolino e della Iervolino e cioè di chiudersi a riccio, e cercare di coinvolgere il governo nazionale».

Servono «persone preparate e qualificate che sappiano cosa fare»

Ma quando l’orizzonte si sposta sugli attuali aspiranti sindaci le certezze sono meno salde: «Per quanto Manfredi possa essere stato un valente rettore universitario, anche come ministro, ha sempre ricoperto ruoli abbastanza settoriali. E dubito pure che un ex magistrato per quanto capace abbia quel bagaglio politico e culturale per prendere quelle scelte che servono».

Alla fine, rimane Bassolino che «esperienza ne ha, ma fallimentare»; per questo «penso che si debba lavorare sulle liste elettorale per consentire che in Consiglio comunale arrivino persone preparate e qualificate che sappiano cosa fare. Va bene l’onestà e la ‘pulizia’ delle liste, ma mi auguro che siano anche altri i criteri di selezione». Un augurio che sembra più essere un auspicio, condiviso da quelle migliaia di cittadini che hanno sognato una nuova Bagnoli, ma alla fine si sono sempre svegliati in quella vecchia e incompiuta.

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