Riaprire o non riaprire, il dilemma del governo

L’appuntamento cruciale è per oggi alle 11 quando si riunirà la cabina di regia a cui toccherà analizzare i dati della curva epidemica e nel caso far scattare già alla prossima settimana le nuove misure. Insomma, il dilemma è tutto qui: riaprire o non riaprire.

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Ormai è da quasi un anno che la vita di tutti gli italiani si muove lungo questa direttrice, un eterno confronto tra due diverse visioni di gestire questa pandemia nella quale il governo Draghi ci è finito dentro con tutto il collo, e che vede al suo interno confrontarsi questi due schieramenti.

Ed anche ieri al primo si è iscritto ed ha fatto sentire la sua voce Matteo Salvini, il quale ha precisato che sulla base delle vecchie colorazioni ben 11 Regioni sarebbero state in giallo. E non solo, perché è anche tornato a richiedere che già dalla prossima settimana si apra laddove possibile: «Se domani la cabina di regia vedrà i dati in miglioramento in molte zone d’Italia per me la  prossima settimana  possiamo fare un Cdm e decretare il ritorno alla zona gialla e quindi alla vita».

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Ma a spingere per le riaperture sono soprattutto le Regioni, che ieri si sono incontrate sotto la guida di Massimiliano Fedriga, governatore del Friuli Venezia Giulia, elaborando un dossier circostanziato di richieste da presentare al governo. E tra queste una su tutte: entrare a pieno titolo nella cabina di regia. In generale le Regioni chiedono la riapertura di palestre, cinema, teatri e ristoranti con il rispetto di una distanza di sicurezza di due metri; vietata però la consumazione al banco dopo le 14. Quindi, in una sola parola: basta chiusure.

In realtà la situazione, come sempre, appare più sfaccettata a partire dalla data nella quale potrebbero esserci le prime aperture. La Lega spinge già per la prossima settimana, ma dal ministero della Salute si rilancia come data il 3 maggio, quindi dopo la Festa dei lavoratori. Possibile una data intermedia come quella del 26 aprile. Nel merito una delle principali novità potrebbe essere l’orario del coprifuoco, non più alle 22 ma alle 24 e questo per consentire il ritorno del servizio serale dei locali per la ristorazione, ma purchè abbiamo spazi all’esterno. Altra novità il ritorno alla mobilità tra Regioni, anche se qui le ipotesi parlano di metà maggio.

E nel delicato scenario delle riaperture si inserisce anche la nuova richiesta dello scostamento di bilancio, che proprio ieri insieme al Def ha formalizzato il Consiglio dei ministri. Entrambi i provvedimenti saranno in Aula, sia alla Camera e sia al Senato, il prossimo giovedì 22 aprile. Scostamento che intercetta la questione delle riaperture legate proprio al tema delle misure da stanziare per aiutare quelle categorie in crisi.

In tutto sono 40 i miliardi di scostamento, di cui una parte serviranno a finanziare il nuovo decreto Sostegni e un’altra per coprire i nuovi saldi del dl Sostegni, attualmente all’esame della Commissione Bilancio del Senato, alla luce degli emendamenti che saranno presentati ed approvati nel corso dell’esame parlamentare. Dotazione economica che quindi consentirà di aumentare i margini di intervento dei parlamentari sul testo.

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Come se non bastassero i problemi all’orizzonte nelle ultime ore si è aggiunta una nuvola nera che, se non travolgerà il governo, potrebbe mettere in subbuglio la maggioranza. Si tratta della mozione di sfiducia di Fratelli d’Italia al ministro della Salute, Roberto Speranza. Un annuncio a cui però nelle prossime ore potrebbero seguire i fatti con il deposito del testo, con relative firme anche di altri parlamentari, sia alla Camera e sia al Senato.

Il rischio da questa mozione è duplice: una spaccatura nella maggioranza, qualora la Lega votasse a favore, oppure uno scivolone al Senato. In realtà la seconda ipotesi sembra più remota visto il defilarsi immediato di Forza Italia con Antonio Tajani il quale ha subito chiarito che «non siamo favorevoli a sfiducie nei confronti del ministro Speranza che si sta impegnando. Poi quando sarà finita la pandemia valuteremo responsabilità e colpe di politici e scienziati». Parole che quindi dovrebbero rassicurare la maggioranza al Senato.

Più complicata la posizione della Lega e di Matteo Salvini che del contrasto alla linea rigorista di Speranza ne hanno fatto un marchio di fabbrica in questi primi mesi di governo. Insomma, che farà l’ex ministro? Dal suo atteggiamento risulterà anche la compattezza o meno della stessa maggioranza. In realtà, se dovesse essere conseguenziale con quanto detto finora dovrebbe votare ad occhi chiusi la mozione, forte anche delle dichiarazioni di ieri mattina, in cui ha spiegato che «non è semplice governare con Letta e Speranza».

Ma come al solito la politica è più complicata della realtà e non è da escludersi un passo indietro all’ultimo momento. Le parole del capogruppo alla Camera, Riccardo Molinari, di ieri sera dopo l’incontro con Mario Draghi fanno capire che nessuno scenario è escluso: «Non vogliamo la testa di Speranza, vorremmo che cambiasse la politica di Speranza, perché c’è una maggioranza diversa». E sulla mozione di FdI si e limitato a dire: «La leggeremo». Insomma, una retromarcia è da mettere in conto e in un certo senso non sarebbe nemmeno tanto incomprensibile visto che andrebbe ad iscriversi negli ormai sempre più complicati rapporti tra Lega e FdI.

Basti vedere quello che sta accadendo con il Copasir per capire quanto siano delicati gli equilibri tra i due partiti. A fronte delle dimissioni del forzista Elio Vito e della remissione del mandato nelle mani della Casellati del meloniano Adolfo Urso, gli altri componenti del Comitato rimangono ben imbullonati alla poltrona, tra cui i leghisti e in particolare il presidente Raffaele Volpi; e tutto questo a dispetto delle dichiarazioni di Salvini che aveva espresso l’auspicio alle dimissioni collettive.

Comunque vada, quindi, per Salvini non sarà semplice gestire questo passaggio, che rischia nuovamente di dimostrare la sua scarsa presa su questa maggioranza. Ecco perché la partita delle riaperture diventa ancora più decisiva, quasi una sorta di passaggio obbligato per nascondere e mettere in secondo piano la possibile retromarcia sulla mozione di sfiducia contro Speranza.

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