A rischio le elezioni amministrative. Possibile slittamento in autunno ma serve un decreto legge

Primo via libera da parte del Senato al dl Covid, l’ultimo varato dal governo Conte con l’aggiunta delle prime norme varate da Mario Draghi per contrastare la pandemia, tra cui la proroga del blocco della mobilità fra Regioni. Ora il testo passerà alla Camera. Un via libera che però ha registrato l’astensione sia della Lega e sia di Forza Italia in segno di «discontinuità» rispetto alle norme varate dal governo Conte bis. Scelta però alquanto bizzarra perché, come visto, il decreto riprendeva anche disposizioni decise dallo stesso ex governatore di Banca d’Italia.

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Ferma, invece, l’opposizione di Fratelli d’Italia che ha anche dovuto registrare la bocciatura dell’emendamento che consentiva la riapertura serale, nelle zone gialle, dei ristoranti, e in quelle arancioni l’apertura tout court di questi.

Bocciatura che brucia dalle parti di FdI, dove Ignazio La Russa, firmatario insieme al senatore Achille Totaro dell’emendamento, spiega che «si trattava di un provvedimento importante, che oltretutto avrebbe garantito minori occasioni di assembramento per i cittadini e che lo stesso centrodestra aveva a lungo sostenuto in questi mesi proprio perché avrebbe dato una boccata di ossigeno a tante attività messe in ginocchio dal Covid e dalle scellerate decisioni del governo Conte».

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A sua volta il capogruppo Luca Ciriani ai microfoni dei tg Rai dice: «Il governo Draghi ha detto di no alla proposta di Fratelli d’Italia per consentire l’apertura dei ristoranti la sera nelle zone gialle e in piena sicurezza. Si conferma una politica fatta soltanto di divieti e di chiusure senza alcun cenno ai ristori».

Come detto il testo adesso passa alla Camera per l’approvazione finale. Ma la giornata di ieri è stata ancora dominata dal primo Dpcm e dalle preoccupazioni per una recrudescenza del virus. Domani arriveranno i dati della cabina di regia e per la prima volta le misure diverranno attuative soltanto dal lunedì. Il timore, però, è che l’Italia si tinga sempre di più di rosso ed arancione e che ci saranno ulteriori strette, soprattutto nel mondo della scuola. Infatti, il Dpcm ha proprio previsto questa eventualità e le previsioni non sono positive.

Nuove chiusure, come naturale, spostano l’attenzione sul tema dei ristori e dei rimborsi. Il dl Sostegno è ancora in fase di costruzione. Gli incontri si susseguono ma bisognerà attendere dai 7 ai 10 giorni per avere un testo, ma in molti sono convinti che alla fine il decreto non si discosterà molto da quelli varati finora dal governo Conte. Questo significa in primo luogo il blocco dei licenziamenti fino a fine giugno, il rifinanziamento della Cig, congedi straordinari e la possibilità del ricorso allo smart working alla luce delle possibili chiusure delle scuole.

C’è poi il delicato tema delle cartelle esattoriali. Lo stralcio di questi vecchi debiti fiscali, accumulati tra il 2000 e il 2015 costerebbe due miliardi in due anni, ma i calcoli sono in corso. Lo stesso vale per il resto del pacchetto fiscale, che si è ipotizzato anche di fare viaggiare in un provvedimento autonomo: al momento la proposta è quella di una proroga fino a fine aprile, allineata all’attuale scadenza dello stato di emergenza, sia per le rate della rottamazione ter e del saldo e stralcio, sia per la sospensione dell’invio delle nuove cartelle. Ma come detto siamo ancora alla fase delle proposte.

L’altro grande tema è quello dei vaccini nella considerazione generale che se non si procede a una buona immunizzazione della popolazione sarà difficile avviare la ripresa. Ieri è giunto il via libera dal ministero della Salute alla possibilità di somministrare un’unica dose di vaccino anti-Covid, senza dunque effettuare alcun richiamo, ai soggetti che hanno già contratto la malattia. L’indicazione è contenuta in una nuova circolare firmata dal direttore della Prevenzione del dicastero Giovanni Rezza, ed in questa direzione si erano già espressi sia il Consiglio superiore di sanità sia l’Agenzia italiana del farmaco.

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A sua volta il premier Draghi ieri ha avuto un colloquio telefonico con la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, la quale ha precisato di aver «discusso della cooperazione sulla produzione e la consegna del vaccino. Attendiamo con impazienza il vertice globale sulla salute del G20 a maggio». L’obiettivo di Mr Bce è quello di accelerare sia nella consegna delle dosi ma soprattutto di vaccinare il più alto numero di cittadini.

E sempre legato alla pandemia sta iniziando a circolare con sempre più insistenza l’ipotesi di un rinvio delle prossime elezioni amministrative. In primavera, infatti, dovrebbero andare al voto 1.293 Comuni (tra cui Roma, Milano, Napoli, Torino e Bologna) e secondo il Cts e il governo, con l’epidemia che torna a correre e che dovrebbe toccare il picco a fine marzo, le urne rappresenterebbero un rischio eccessivo. Quindi l’ipotesi è di rinviare tutto in autunno, con il sostanziale accordo dei partiti.

Slittamento che però impone un decreto legge che potrebbe essere approvato in uno dei prossimi Consigli dei ministri. Una seduta dovrebbe tenersi tra domani e venerdì, ma probabilmente per la nomina del nuovo capo della Polizia. Per il rinvio delle elezioni, invece, spiegano fonti di maggioranza, potrebbe essere necessario qualche giorno in più

Sul piano politico il M5S continua le contorsioni interne tra la telenovela degli espulsi, pronti a fare ricorso alla magistratura, e l’arrivo di Giuseppe Conte come leader unico. Sarebbe questa, infatti, l’idea alla quale starebbe lavorando Beppe Grillo cercando di vincere le resistenze della nomenclatura Cinquestelle. Ma i nodi sono tanti, a partire da Rousseau che continua a pretendere i mancati pagamenti e il rispetto del contratto di servizio. Tutti nodi che di fatto stanno rallentando l’operazione Conte leader.

Sul fronte del Pd acque sempre più agitate dal vento congressuale dove ogni argomento è buono per innescare polemiche. Stavolta tocca alla legge elettorale accendere gli animi. Colpevole un articolo pubblicato su La Stampa che ieri avrebbe raccontato di una «svolta maggioritaria» di Nicola Zingaretti.

Tanto è bastato per innescare la reazione dura dei ‘turchi’ di Matteo Orfini che hanno accusato il segretario di mancato rispetto delle decisioni collegiali. Da qui un botta e risposta terminato con la richiesta da parte di Zingaretti di «lealtà» e l’accusa di «degrado politico nel quale è precipitato il confronto interno del Pd contro il suo gruppo dirigente». Al di là del merito rimane il fatto che la proposta del Pd di ritornare al proporzionale giace ormai abbandonata in Commissione Affari costituzionali alla Camera, e la nuova maggioranza con l’arrivo del governo Draghi senza dubbio rischiano di frenare il tutto. Difficile, infatti, che quella proposta, frutto della stagione politica giallo-rossa, possa essere recuperata.

Insomma, la situazione nell’ala di sinistra della maggioranza non sembra essere delle migliori a conferma che l’arrivo di Draghi ha rottamato alquanto i già instabili equilibri interni. Forse più di quanto accaduto nel centrodestra.

Ed a proposito di centrodestra da segnalare la lettera che il presidente di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, ha inviato al premier Mario Draghi per chiedere la sospensione del cashback (che vale circa 5 miliardi) e di destinare le risorse ai ristori nel prossimo decreto del Governo. Iniziativa che rischia di mettere in crisi la maggioranza, dove l’ala sinistra dovrebbe giocare in difesa dell’iniziativa e quella destra all’attacco. Della serie non bastavano  le difficoltà ed i problemi per il governo.

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