La crisi dei Cinquestelle blocca la nomina dei sottosegretari. Forse lunedì il CdM

di Dario Caselli

Quello che si apre è il primo week end con il governo Draghi finalmente in carica. La scorsa settimana mancava ancora il passaggio significativo del voto in Parlamento, con tutte le incognite legate all’ampiezza della maggioranza. Chiuso il doppio passaggio in Parlamento, prima al Senato e poi alla Camera, il premier Mario Draghi può trascorrere il week end come presidente del Consiglio effettivo a capo di una maggioranza da record, anche se Mario Monti raccolse di più.

Poco meno di cento i parlamentari che hanno preso le distanze dal suo Esecutivo su oltre mille deputati e senatori, con un solo partito convintamente all’opposizione, Fratelli d’Italia, mentre tutti gli altri schierati a sostegno dell’ex governatore della Bce. Numeri che danno il senso della sicurezza e solidità del governo che adesso potrà dedicarsi ai principali dossier per cui è stato chiamato dal presidente Mattarella. A incominciare dalla campagna vaccinale, che il premier nel suo passaggio in Parlamento aveva citato. Poi c’è il Recovery Plan e infine, ma strettamente legate a questo, le misure per contrastare le crisi economica e sociale.

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Prima di questi c’è però da risolvere il completamento della squadra di governo con la nomina dei sottosegretari. Un dossier che giorno dopo giorno si sta rivelando sempre più complicato. Due le questioni che di fatto stanno rallentando Draghi: la sommossa generale delle donne del Pd, e la frana del M5S.

Sul primo pesano le scelte fatte dal Partito democratico in merito alla composizione della delegazione ministeriale dalla quale sono state escluse proprio le donne, il che sta producendo profonde lacerazioni tra i dem. Mario Draghi avrebbe voluto chiudere la questione delle nomine di sottogoverno già per lunedì prossimo, ed a tal proposito sarebbe stato convocato un Cdm per le 9.30. Ma proprio dalla componente femminile del Pd è arrivato uno stop, chiarendo che fino a giovedì, giorno in cui si riunirà la direzione dem, non si farà alcuna lista.

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Ma a pesare sul complicato puzzle dei sottosegretari c’è anche la totale confusione che si respira all’interno del M5S. Il numero degli espulsi sarebbe salito a 40 tra deputati e senatori, tutti rei di non aver votato la fiducia al governo Draghi così come stabilito dagli iscritti su Rousseau. Numeri importanti che indicano che è in corso una scissione, e che rischiano di alterare gli equilibri nel governo e all’interno della maggioranza.

Per quanto riguarda il primo piano questo riguarda direttamente i posti che spetteranno ai Cinquestelle, perché è naturale che la riduzione dei parlamentari porterà ad avere meno spazi di governo. Ma questo si potrà sapere soltanto quando sarà chiaro in quanti avranno lasciato il Movimento. Solo allora si potrà quantificare il numero di sottosegretari che spetteranno ai Cinquestelle. Nel frattempo, tutto rimarrà fermo.

Ma il dimagrimento del M5S avrà chiaramente effetti anche negli equilibri della maggioranza. In particolare, al Senato l’addio di una ventina di senatori cinquestelle potrebbe portare l’ago della bilancia a pendere dalla parte di Forza Italia e Lega, costringendo così il governo al Senato a finire nelle mani di quello che rimane del centrodestra. Alla Camera, invece, l’alleanza Pd-M5S-Leu avrebbe comunque ancora un margine di una quarantina di deputati. Ecco perché in queste ore sono serrate le trattative per cercare di assorbire l’area del dissenso e ridurre al minimo le uscite.

A sua volta però i fuoriusciti starebbero lavorando per trovare una nuova casa da dove continuare l’opposizione al governo Draghi. Al Senato i contatti con il segretario nazionale di Italia dei Valori, Ignazio Messina, sono in fase avanzata grazie al senatore cinquestelle Elio Lannutti e potrebbe portare a breve al varo di un gruppo, che con il tempo potrebbe fare da polo di aggregazione per altri grillini pentiti.

Si vedrà in queste ore cosa accadrà, ma la possibilità che già lunedì sia possibile arrivare al completamento della squadra di governo sembra alquanto improbabile. Una dimostrazione che è comunque di debolezza nell’ambito di un governo che, nei numeri, rimane forte.

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