Ancora 4 giorni e poi saranno elezioni. Governo e maggioranza appesi al voto delle Regionali e del Referendum

-4 con soltanto altre 72 ore di campagna elettorale. Sono tanti i giorni che restano di campagna elettorale e che separano gli italiani dall’appuntamento delle elezioni regionali, in tutto sette, e dal referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari. Ultimi giorni per cercare di convincere gli indecisi e per spingere a votare chi invece avrebbe preferito rimanere a casa.

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Giorni che saranno decisivi visto che almeno in due Regioni, Puglia e Toscana, la vittoria è contesa davvero per una mancata di voti. E un risultato o un altro potrebbe essere determinante per la tenuta del governo e più in generale della stessa maggioranza.

E sullo sfondo delle elezioni si muovono i grandi temi, che indipendentemente dal risultato elettorale avranno bisogno di essere gestiti e governati. Su tutto senza dubbio il Recovery Plan che è la grande sfida che da qui ad aprile si porrà dinanzi a questo governo o a un altro futuro.

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Conte: «Se perderemo sfida Recovery Plan, italiani avranno diritto di mandare a casa il governo»

Il premier Giuseppe Conte anche ieri è stato molto chiaro parlando agli studenti di un istituto di Norcia: «Se perderemo questa sfida, voi avrete il diritto di mandarci a casa. A livello europeo quando hanno pensato di elaborare questo grande piano di intervento lo hanno chiamato Next Generation Eu: è un progetto per voi. L’Italia sta facendo il suo piano nazionale. Siamo in fase avanzata di studio e approfondimento per restituirvi un Paese migliore».

E anche il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, non ha dubbi: «Non è esagerato definire il Next Generation Eu un punto di svolta non solo per il rilancio dell’economia in chiave di sostenibilità e competitività, ma per lo stesso processo di integrazione europea. Rappresenta, per l’Europa e per l’Italia, una occasione irripetibile per uscire da un lungo periodo di stagnazione e per uscire dalla crisi senza precedenti causata della pandemia».

Giorgia Meloni

Meloni: «Figuriamoci, quando mai il governo si dimetterà»

Parole che fanno ben capire che il governo è già proiettato oltre queste regionali e che probabilmente indipendentemente dal risultato punterà a rimanere in sella. Un piano che ha ben chiaro la stessa Giorgia Meloni, ieri in Liguria, che sta girando in lungo in largo le varie Regioni: «Queste elezioni regionali hanno anche una valenza a livello nazionale, perché votano milioni di italiani che hanno un’occasione per dire al governo cosa pensano di questi mesi. In giro mi chiedono se Conte si dimetterà se vincesse il centrodestra. Quando mai, figuriamoci. Non penso che si dimetterà. Ma a tutto c’è un limite».

E infatti dal governo le risponde il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, che ammette che: «Non credo che le regionali avranno un impatto sul governo. Lo ha detto Berlusconi, lo ha detto Salvini, non lo ha detto la Meloni…Ma questo è un problema del centrodestra, si devono prima mettere d’accordo tra loro…».

E tornando al Recovery Plan ieri a tarda serata si diffonde la voce che il presidente del Consiglio Conte avrebbe trasmesso ai presidenti di Senato e Camera le linee guida per la definizione del piano italiano di ripresa e resilienza per accedere ai fondi previsti dal recovery Fund. In tutto una trentina di pagine e nella lettera di accompagnamento ci sarebbe nero su bianco la disponibilità del premier Conte. C’è da giurarci che le opposizioni non si faranno sfuggire questa occasione.

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Nicola Zingaretti

Dal canto suo il Pd più che al Recovery Plan guarda al Mes con insistenza. Il segretario Nicola Zingaretti aveva già ribadito domenica alla Festa dell’Unità di Modena che per lui la questione non è chiusa (il M5S non ha intenzione di richiederlo), e ieri sera da Bruno Vespa a Porta a Porta lo ha chiarito nuovamente: «Lo dico non solo da segretario del Pd ma anche da presidente di Regione: dire no al Mes significa dire no a qualcosa che c’era in passato ma qui parliamo di una linea di credito da cui l’Italia può guadagnare e che investe sulla sanità. Noi non arretreremo e nessuno può permettersi di dire ‘capitolo chiuso’».

Toni minacciosi che tradiscono un’impellente necessità per l’attuale segreteria del Pd di portare qualcosa a casa, visto che in un anno di governo ben poco è stato realizzato di quello che il Nazareno si era ripromesso di ottenere.

Durezza di toni che si lega anche all’altra grande questione che potrebbe aprirsi all’indomani del risultato elettorale e cioè quello del rimpasto. Anche se il diretto interessato smentisce, Nicola Zingaretti che sarebbe in predicato di andare a ricoprire un posto nel governo o come vicepremier o come ministro dell’Interno.

Orlando: «Dopo le elezioni bisognerà fare un tagliando al governo»

A parlare è invece l’ex ministro della Giustizia, Andrea Orlando, che ieri a Stasera Italia è tornare sul «tagliando per il governo», nel senso «di mettere un pò a posto l’assetto per metterci nelle condizioni di concentrarci sulle linee fondamentali che l’Europa ci chiede di seguire».

Matteo Renzi

Programma che, invece, non sembra condividere l’ultimo segretario del Pd, Matteo Renzi, il quale ammette che «siamo contrari al rimpasto di Governo. E’ stato un errore dire che dopo le Regionali servirà un ‘tagliando’ come ha fatto il vice segretario dem Orlando, così carica di significato politico queste elezioni».

Renzi che, tra l’altro, ha anche dovuto smentire il suo possibile ritorno nel Pd all’indomani delle elezioni, giudicandolo con un «non ha senso» e questo perché «abbiamo lasciato il Pd perché è diventato sui territori l’alleato dei giustizialisti e vogliono fare l’alleanza strutturale con il M5S. Grande rispetto per Nicola, Andrea e tutti gli amici del Pd, ma Iv non farà mai l’accordo strutturale con il M5S».

Sarà, ma intanto tutte queste voci e spifferi non fanno che alimentare l’instabilità di un pezzo importante della maggioranza e allo stesso tempo alimentare il voto del Centrodestra in queste regionali.

Ecco quattro giorni e poi la parola passerà agli elettori.

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