Giustizia, i praticanti avvocato scrivono a Mattarella: «Difficile trovare lavoro, giovani siano centrali per lo Stato»

Massima attenzione sulla riforma delle modalità di accesso alla professione forense e di esercizio dell’attività professionale del praticante abilitato al patrocinio meramente sostitutivo. Rapida decisione politica sulle modalità di svolgimento dell’esame di abilitazione alla professione forense per la sessione 2020/21, celere definizione di modalità e tempistiche di correzione delle prove scritte dell’esame di abilitazione alla professione forense per la sessione 2019, insieme a precise indicazioni circa lo svolgimento della successiva prova orale.

Ed ancora, una modalità di svolgimento dell’esame ancorata al merito e, soprattutto, con modalità «fungibili e tempestivamente determinate», tenendo sempre conto dell’evoluzione del quadro epidemiologico. Sono le sollecitazioni indirizzate, con una missiva, al Capo dello Stato, Sergio Mattarella, dai praticanti avvocato Nadia Vocale, iscritta al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Bologna, e Antonio Tortora, del foro di Torre Annunziata (Napoli), con le quali si sottolinea la delicata situazione di incertezza occupazionale vissuta, ancor di più in epoca Covid-19, dagli aspiranti professionisti della giustizia.

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«Una questione – si legge nel testo – che, in tempi di emergenza pandemica, sembra essere stata “dimenticata” o quantomeno non affrontata nella maniera più adeguata possibile». Indirizzata, per conoscenza, anche a tutte le altre più alte cariche dello Stato, oltre che al Presidente e ai componenti della II commissione permanente Giustizia di Senato e Camera dei Deputati, la missiva elenca le criticità del mondo giuridico in prospettiva occupazionale.

Tra i vari punti esaminati, l’aleatorietà degli esiti dell’esame di Stato per l’esercizio alla professione forense e l’auspicio di una sua riforma in senso più meritocratico, la selettività crescente nei requisiti di accesso ai concorsi pubblici, i dati statistici che testimoniano le difficoltà sia in termini di retribuzione che di livello occupazionale per il giurista italiano medio. Senza tralasciare il problema della sovraistruzione e la questione Università. I dipartimenti di giurisprudenza, ad oggi, secondo i praticanti, non preparano adeguatamente gli studenti all’ingresso nel mondo lavorativo, avendo difficoltà ad offrire una prospettiva internazionale e al passo con i tempi.

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A tal proposito, gli scriventi sollecitano un confronto e una riflessione sulla riforma delle facoltà giuridiche in contraddittorio con le diverse componenti interessate. Inviti da leggere alla luce dell’art. 3 della nostra Carta Costituzionale. «Chiediamo che l’art. 3 della Costituzione – concludono i giuristi rivolgendosi al Capo dello Stato – sia la ‘bussola’ che possa illuminare la Sua riflessione, quella del Legislatore e dell’Esecutivo, affinché l’Italia possa, effettivamente e concretamente, tutelare i suoi cittadini, le loro ambizioni e aspirazioni professionali, rimuovendo ‘gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana’».

«Chiediamo – continuano -, dunque, che venga favorita quell’uguaglianza sostanziale, spesso richiamata ma non sempre perseguita ma che resta uno dei fondamenti e dei cardini del nostro Stato di diritto». Da ultimo, dall’asse Bologna-Torre Annunziata, un richiamo alla centralità dei giovani nel nostro Paese. «Chiediamo, infine, che i giovani siano messi nelle condizioni di tornare ad essere protagonisti, ad ‘essere centrali’ per la vita dello Stato».

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