Il Senato inventa il ‘voto a fiducia’ mentre l’Ue trova l’intesa. Niente eurobond, sì al MES. Ora il M5S aprirà la crisi?

di Dario Caselli

Più che un voto di fiducia quello di ieri del Senato sul decreto Cura Italia è stato un voto a fiducia. Nel senso che per tutto il dibattito sulla fiducia i senatori hanno discusso senza il maxiemendamento del governo, che è stato presentato soltanto al termine della discussione e poco prima di iniziare la chiama per il voto di fiducia. Anzi a fiducia, visto che del testo non c’è stata traccia.

Questa è stata l’ultima bizzarria, o sarebbe meglio dire forzatura, da parte del governo che in questo passaggio ha fatto il bello e cattivo tempo delle prassi e dei regolamenti parlamentari, abusando oltremodo anche della disponibilità della stessa opposizione.

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Casellati: Nemmeno in caso di emergenze gravi, concederò più che non si seguano le regole

Lo ha fatto capire la presidente del Senato, Elisabetta Alberti Casellati, che in Aula è sbottata, visibilmente contrariata, per quanto accaduto: «Non succederà mai più che la presidenza possa derogare alle normali procedure». E poi: «Noi abbiamo fatto la discussione sulla fiducia che in realtà non era stata ancora dichiarata. Siamo andati fuori dalle regole normali, proprio perché c’era un accordo – non mio ma di tutti i gruppi – per poter derogare a quelli che sono la consuetudine e i regolamenti, proprio per dare la possibilità a tutti i senatori di poter partire, viste le difficoltà dei trasporti».

E quindi «questo ha determinato una difficoltà oggettiva perché noi abbiamo adottato un procedimento che non esisteva nè poteva esistere, su accordo di tutti. Questo ha determinato delle sfalsature nei tempi. Avremmo dovuto seguire le regole normali, mi dispiace, chiedo scusa all’aula ma questa cosa non succederà più. Nemmeno in caso di emergenze gravi, concederò più che non si seguano le regole».

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Ultimo strappo consumato sul decreto Cura Italia

In realtà, questo è stato l’ultimo strappo consumato su un decreto che è stato gestito sul filo della Costituzione. Lo avevamo scritto qualche giorno fa in occasione dell’annuncio della fiducia in capigruppo del ministro per i Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà, senza attendere il termine dell’esame nella Commissione Bilancio e prima dell’avvio della discussione generale in Aula. Anche quella fu una forzatura sia alle prassi e sia ai regolamenti parlamentari. E il finale ieri con una discussione sul voto di fiducia trasformata in voto a fiducia.

E’ la conferma di una gestione autoreferenziale del governo

L’ennesima conferma di quanto questa gestione dell’emergenza da parte del governo sia autoreferenziale. Lo dimostra la chiusura da parte del premier Conte a qualsiasi ipotesi di confronto con l’opposizione, anche se proprio il presidente Mattarella aveva invocato un clima da unità nazionale; e anche dalla volontà di non nominare alcun commissario all’emergenza, preferendo per un profilo più anonimo, quale quello di Arcuri, proprio per non fare ombra allo stesso Conte. Per non parlare della comunicazione fatta dal premier a colpi di dirette Facebook, in orari improbabili, e soprattutto per annunciare piuttosto che presentare i provvedimenti, che infatti sono sempre stati disponibili a giorni di distanza.

Dopo la fiducia il dl Cura Italia passa alla Camera dove arriva anche il liquidità imprese. Mentre al Senato arriva il dl Scuola

Voto di fiducia o a fiducia comunque il Senato ha dato il via libera dell’Aula del Senato al decreto. Ora sempre a  a Montecitorio arriverà il dl liquidità imprese, finalmente pubblicato in Gazzetta Ufficiale, mentre al Senato è atteso il dl Scuola del ministro Azzolina.

Eurogruppo trova l’intesa per contrastare la crisi economica

E mentre al Senato si chiudeva il primo round del Cura Italia in Europa si apriva la partita, questa decisiva, sul MES o più in generale sugli strumenti comuni per contrastare la crisi economica. Un confronto conclusosi a tarda serata con il tanto sospirato via libera.

Non ci sono gli eurobond ma c’è il MES insieme ai prestiti della BEI

A parte il nome l’accordo esclude esplicitamente gli eurobond ma parla di un Recovery Fund, su cui però il presidente dell’Eurogruppo Centeno, chiarisce che «sulla grandezza e sul finanziamento cercheremo la guida dei leader». Mentre sugli eurobond spiega che si tratta di «un dibattito molto importante, che confluirà nel piano per il rilancio e anche il piano di bilancio pluriennale sarà coinvolto: dobbiamo costruire fiducia attorno all’Europa». Invitando, inoltre, ad essere pazienti sui coronabond: «Lavoro sempre molto duramente per non limitare il dibattito, ma anche per non anticipare le conclusioni».

In totale si parla di un pacchetto di interventi da 1.000 miliardi articolato su quattro pilastri: 240 miliardi del MES, i prestiti BEI per le imprese per 200 miliardi e il meccanismo per finanziare le Cig per 100 miliardi, e infine il piano per la ripresa che avrà un valore indicativo di circa 500 miliardi su cui però dovranno essere chiariti le fonti di finanziamento.

Messa così è una sconfitta per l’Italia visto che il MES c’è anche se senza condizioni e soltanto per spese mediche, ma soprattutto non sono citati da nessuna parte gli eurobond. Su cui il ministro delle Finanze olandese, Wopke Hoekstra continua a ribadire: «Siamo e restiamo contrari agli eurobond. Pensiamo che questa idea non aiuterà né l’Europa né l’Olanda sul lungo termine».

Giorgia Meloni: hanno vinto i diktat di Germania e Olanda. Salvini: sfiducia a Gualtieri. Tajani: passo in avanti all’Eurogruppo

Giorgia Meloni non a caso parla di un’Italia «messa sotto tutela» perché «alla fine hanno vinto i diktat di Germania e Olanda». Critico anche Matteo Salvini che osserva: «Se il governo olandese festeggia, vuol dire che è una seconda Caporetto. Presenteremo mozione di sfiducia al ministro Gualtieri». Diverso il commento di Forza Italia che con Antonio Tajani parla di «passo in avanti all’Eurogruppo» ma si rivolge al Consiglio europeo che dovrà «decidere e stabilire la portata del Recovery Found. Servono centinaia di miliardi».

Gualtieri: pacchetto ambizioso. Gentiloni: misure di dimensioni senza precedenti. Ma Giarrusso (M5S) avverte: se governo ha detto sì a MES addio sostegno governo

Sul fronte della maggioranza se il ministro Gualtieri parla di vittoria dell’Italia e che «ora sul tavolo gli Eurobond», e il commissario Gentiloni invita a soffermarsi su «misure di dimensioni senza precedenti per sostenere il sistema sanitario, la cassa integrazione, la liquidità alle imprese e il Fondo per un piano di rinascita», è dal M5S che arrivano i primi scricchiolii e purtroppo sinistri perché giungono dal Senato dove la maggioranza è più debole. E’ il senatore Mario Giarrusso ad avvisare: «Se il governo ha detto sì al Mes, questa maggioranza non avrà più il mio voto». Mentre dalla Camera il pentastellato Pino Cabras dice che «la proposta dell’Eurogruppo va rigettata».

In realtà bisognerà aspettare un po’ per capire davvero chi ha vinto questa complicata partita europea, almeno quando saranno disponibili i testi ufficiali. Fino ad allora assisteremo a un continuo botta e risposta di dichiarazioni. A conferma che sull’Europa i partiti continueranno a misurare la rispettiva potenza di fuoco.

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