Fotografato uno dei fenomeni cosmici più potenti: un getto di plasma emesso dal buco nero al centro di una galassia. L’immagine, pubblicata su Astronomy and Astrophysics, è della collaborazione Event Horizon Telescope (Eht), la prima ad avere immortalato un buco nero. L’Italia vi collabora con Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn), Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf) e Università Federico II di Napoli. E’ nuovo tassello al puzzle della storia dell’universo.
I ricercatori della collaborazione Eht, finanziata dal Consiglio Europeo della Ricerca (Erc) della Commissione Europea, hanno fotografato un getto relativistico, ossia un getto di plasma emesso da una galassia classificata come quasar, una sorgente quasi stellare. Indicato con la sigla 3C 279, il quasar si trova nella costellazione della Vergine e il suo centro diventa eccezionalmente luminoso quando enormi quantità di gas e stelle vengono ingoiate nel buco nero che lo occupa, con una massa un miliardo di volte quella del Sole.
Una parte dei gas viene poi espulsa in due getti di plasma quasi alla velocità della luce. «Ogni volta che apriamo una nuova finestra osservativa sul nostro universo, questo ci regala nuove emozioni», commenta Mariafelicia De Laurentis, ricercatrice all’Infn, docente dell’Università Federico II di Napoli e membro della Collaborazione Eht. Il risultato, ha aggiunto, «ci permette ora di avere una maggiore comprensione della natura e dei processi fisici alla base di queste enormi sorgenti di energia: siamo riusciti ad aggiungere un altro tassello al grande puzzle della storia dell’universo».
Comprendere in dettaglio i processi fisici legati alla formazione dei getti relativistici è da 50 anni «uno dei principali filoni di ricerca dell’astrofisica moderna», osserva Ciriaco Goddi, responsabile scientifico del progetto BlackHoleCam, principale partner europeo di Eht. «Grazie al progetto Eht – aggiunge – possiamo avere finalmente accesso alla base di questi getti giganteschi, che si propagano per migliaia e alle volte milioni di anni luce, e capire la loro relazione fisica dal buco nero centrale».
I telescopi che hanno contribuito a questo risultato sono Alma e Apex, dell’Osservatorio europeo australe (Eso), Iram , James Clerk Maxwell Telescope, il Large Millimeter Telescope, il Submillimeter Array, il Submillimeter Telescope e il South Pole Telescope: lavorano all’unisono grazie alla tecnica chiamata interferometria di base molto lunga (VlbI), che li sincronizza sfruttando la rotazione terrestre facendoli lavorare come fossero un enorme telescopio delle dimensioni della Terra. Adesso bisognerà attendere un po’ prima di avere nuovi risultati perché la campagna osservativa di marzo-aprile è stata annullata a causa della pandemia di Covid-19; il lavoro va comunque avanti con la pianificazione di future osservazioni e l’analisi dei dati raccolti finora.