La premier: «È il tempo del lavoro, non della prima fila»
Inizia la giornata esultando per la liberazione degli ostaggi israeliani, prova che «la pace si costruisce con i fatti, non con le parole». E la chiude con un «appello a tutti: bisogna evitare tutto quello che può scaldare gli animi e essere un alibi, bisogna essere molto lucidi». In mezzo, Giorgia Meloni vive il summit di pace per Gaza a Sharm el-Sheikh, da dove riparte con la convinzione che si sia aperto uno scenario che «qualche anno fa noi potevamo solamente sognare».
Ossia la pacificazione del Medio Oriente, una lunga marcia in cui la premier vuole far giocare all’Italia un ruolo di primo piano, nella ricostruzione, nella nuova governance della Striscia e anche implementando la presenza militare (i carabinieri oggi a Gerico addestrano le forze palestinesi e a Rafah sono pronti a tornare per presidiare il valico), con «la partecipazione a una forza di stabilizzazione», se lo richiederà una risoluzione dell’Onu: «Se accadrà, lo chiederò al Parlamento e sono certa che stavolta si potrebbe anche votare all’unanimità».
Nella foto di famiglia, la presidente del Consiglio è collocata all’estrema sinistra, unica donna fra i trenta e più capi di Stato e governo. Ma finisce al centro della scena quando in due occasioni, prima durante la cerimonia di firma dell’accordo di pace, poi durante il discorso finale di Donald Trump, il presidente degli Stati Uniti la ringrazia e la elogia.
«Una leader molto forte», dice prima. E poi la definisce «giovane bella donna», prendendosi «un rischio», spiega, «perché se negli Stati Uniti usi la parola ‘beautiful’ su una donna è fine della tua carriera politica. Lei è incredibile e la rispetto davvero, in Italia è una politica di grande successo». Meloni la prende a ridere, così come sulla battura del presidente turco Recep Tayyip Erdogan in una pausa dei lavori: «Devo farti smettere di fumare in qualche modo». Ovviamente la stima con l’inquilino della Casa Bianca è ricambiata.
«Una giornata storica»: più vicino il riconoscimento della Palestina
L’accordo su Gaza «è il più grande successo diplomatico di Trump, gliene auguriamo altri, a partire dall’Ucraina», nota la premier, ringraziando anche i Paesi mediatori, al termine di quella che definisce «una giornata storica». Questa, rimarca Meloni, «è solo una prima fase» di «un percorso molto lungo», ma è soprattutto «un’occasione che non si vedeva da tantissimi anni per arrivare a una pace seria, duratura, giusta in Medio Oriente che per me si fonda sempre sulla prospettiva dei due Stati». E con il piano di pace il riconoscimento dello Stato di Palestina «è più vicino», nella misura in cui saranno realizzate «le condizioni che sono state poste anche dal Parlamento».
Cooperazione, sanità e ricostruzione: il piano italiano per Gaza
Roma punta anche a dare un contributo politico alla stabilizzazione di Gaza, anche se Meloni esclude di voler chiedere un posto nel Board che amministrerà la transizione: «Se viene richiesta la presenza dell’Italia, faremo la nostra parte, ma a me interessa portare avanti delle soluzioni, questo è il tempo del lavoro, non è il tempo della prima fila».
Il governo sta preparando «un paper», da condividere con i partner, con le iniziative che l’Italia può mettere in campo, annuncia Meloni, elencando tra l’altro Food for Gaza, gli strumenti della Cooperazione allo sviluppo, le evacuazioni sanitarie, nonché la possibilità di «portare strutture sanitarie sul posto: Protezione Civile, Croce Rossa e i nostri militari sono già pronti a muoversi». Poi c’è il capitolo ricostruzione, su cui l’Italia «coinvolgerà il settore privato».