Emiliano: «Un giorno che resterà nella storia»
Una lunga trattativa al ministero delle Imprese e del made in Italy ha portato a una prima intesa per la decarbonizzazione dell’ex Ilva di Taranto firmata da tutte le amministrazioni nazionali e locali coinvolte. Per il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, «è una svolta che potrà incoraggiare gli investitori». Freddi i sindacati: «non ci sono certezze», hanno dichiarato i segretari generali di Uilm, Fiom e Fim, Rocco Palombella, Michele De Palma e Ferdinando Uliano. Mentre il presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, ha espresso soddisfazione perché «si è deciso di non chiudere l’Ilva».
Trattativa e nodi ancora irrisolti per l’ex Ilva
Sette ore di trattativa non hanno ancora portato all’accordo di programma, né alla decisione sui tempi della decarbonizzazione o sulla localizzazione del polo Dri per produrre il preridotto, tutte rinviate a nuove riunioni da settembre. Ma hanno riavvicinato le distanze tra il governo e il territorio per l’ex Ilva.
«Nella gara è previsto che il criterio fondamentale previsto per l’assegnazione dell’impianto è il processo di decarbonizzazione e il mantenimento del massimo livello occupazionale; nel contempo attraverso il tavolo Taranto svilupperemo in parallelo gli altri investimenti che potranno collocarsi negli spazi lasciati liberi dagli impianti siderurgici e nelle aree contigue, affinché nessuno resti fuori. Tutti possono avere una occupazione, sia chi lavora negli impianti siderurgici, sia chi lavora nell’indotto», ha detto Adolfo Urso.
Recepite le richieste del sindaco
Il sindaco di Taranto, Piero Bitetti, che aveva annunciato la sua contrarietà al piano di decarbonizzazione proposto dal governo e ha partecipato al tavolo solo in videoconferenza sottolinea di aver firmato «un documento, non un accordo di programma». Un testo che, comunque recepisce le sue richieste.
In particolare, sull’obbligo vincolante – previsto dal nuovo bando di gara – della piena decarbonizzazione del sito di Taranto e sull’assenza di cenni all’ipotesi di approvvigionamento tramite una nave gasiera. Uno dei punti di maggiore criticità nella trattativa. Per il presidente della Regione, Michele Emiliano, «è un giorno che resterà nella storia della Puglia e dell’Italia intera»: una delle più grandi fabbriche d’Europa «può finalmente rinascere in armonia con il diritto inviolabile alla vita, alla salute, al lavoro e alla tutela ambientale».
Intanto non si ferma la protesta delle associazioni del territorio, Peacelink e Giustizia per Taranto hanno promosso un ricorso al Tar contro l’autorizzazione integrale ambientale Aia concessa all’ex Ilva a luglio che consente di produrre per altri 12 anni con il carbone.
Contenuti e novità della pre-intesa per l’ex Ilva
La pre-intesa sulla decarbonizzazione dell’ex Ilva di Taranto raggiunta dal governo con gli enti territoriali in particolare prevede: la realizzazione di forni elettrici in sostituzione degli altoforni che saranno gradualmente dismessi in «un tempo certo» indicato in fase di aggiudicazione» della nuova gara per trovare un investitore. È stabilito inoltre che sarà convocata una nuova riunione per la decisione sulla localizzazione del polo Dri per il preridotto da convocare dopo il 15 settembre, termine ultimo per le offerte vincolanti di eventuali investitori.
Saranno studiate compensazioni per il territorio tra cui l’esame di nuove prospettive per la reindustrializzazione delle aree libere dell’acciaieria con la nomina di un commissario e valutate misure di politica attiva e passiva del lavoro per scongiurare o attenuare riflessi negativi sull’occupazione. Una nuova riunione sarà convocata a settembre per arrivare a sottoscrivere «un accordo di programma che risponda alle necessità del territorio, coniugando il soddisfacimento del diritto alla salute, all’ambiente, al lavoro».
Nel testo si legge inoltre che nella nuova gara per l’ex Ilva sono presenti novità rispetto al precedente bando. Queste riguardano in particolare «l’obbligo vincolante della piena decarbonizzazione del sito di Taranto», la tutela occupazionale quale «principio inderogabile» e la «possibilità di presentare offerte per l’intero complesso aziendale o rami d’azienda o l’intero compendio aziendale Nord o Sud». Un’ipotesi spezzatino che preoccupa molto i sindacati.