La sinistra italiana, non potendo prendersela con Trump e Meloni, tace
Ma la sinistra italiana tace. A che gioco stanno giocando von der Leyen & company? Vogliono affondare l’Ue facendo fallire l’Europa e ridurre alla fame gli europei? Purtroppo, a dar credito a quanto si legge nel bilancio pluriennale Ue 2028-2034, appena presentato all’Euroassemblea, sembrerebbe proprio di sì. Con ordine. Il tycoon americano, la minaccia d’imporre dazi del 30% sui beni prodotti in Europa ed importati negli Usa, il che significa – forse non servirebbe neanche ribadirlo – mettere in grandi difficoltà le economie dei Paesi europei, riducendo fatturati, produzioni e posti di lavoro, indebolendone e, non di poco, il livello di competitività globale.
L’Europa temporeggia: nessuna contromisura fino ad agosto
Al che l’Europa risponde: da un lato – e questa, a mio modesto avviso, è certamente «cosa buona e giusta» e non perché sollecitata da Italia e Germania – mantenendo la calma e bloccando l’assunzione di possibili contromisure fino al primo agosto, data fissata per l’entrata in vigore (ma questo è ancora tutto da verificare) dei dazi trumpiani; dall’altro, continuando a trattare per evitare il peggio e ricorrere alle soluzioni alternative solo se le trattative dovessero fallire.
Tanto più che – come fa rilevare il Centro Studi di Unimpresa – i maxidazi minacciati avranno effetti limitati e, soprattutto, limitati ai beni di fascia alta, e la nostra premier esprime la convinzione che «L’Europa ha la forza per ottenere un accordo equo e vantaggioso per tutti». Possibile, a patto, però, di evitare lo scatenarsi di un braccio di ferro e conseguente guerra commerciale con gli Usa, cui, con il suo comportamento, sembrerebbe ambire la sinistra, forse perché consapevole che più che agli Stati Uniti, farebbe male all’Europa e a noi.
L’opposizione accusa la Meloni ma resta senza proposte
Come i farisei del Vangelo che gli avevano condotto davanti un’adultera nella speranza che gli ordinasse di lapidarla, furono «investiti» dal perentorio «Chi è senza peccato, scagli la prima pietra» di Cristo e abbassarono la testa, tacendo; così, la sinistra italiana – con tutte le responsabilità che si porta dietro, per la situazione economico-finanziaria e di sviluppo del Paese – sarebbe l’ultima che potrebbe farlo.
Eppure, ancora una volta, c’è da rilevare che Conte, Schlein, Bonelli, Fratoianni e compagnia di giro dell’opposizione ce la stanno mettendo tutta per dare l’ennesima dimostrazione della propria incapacità e inconsistenza politica, sostenendo che «la premier deve riferire» in Parlamento sulla decisione della Casa Bianca sui dazi. Per dire cosa? Boh!!!
La scadenza è vicina ma regna ancora l’incertezza
L’eventuale data di scadenza è fissata al primo agosto (quindi, ancora di là da venire e, in considerazione dei tanti annunci e degli altrettanti rinvii di Trump, non è detto che sia quella definitiva, ndr). Sicché, se ne sta ancora discutendo e, peraltro, non sarà certo lei a decidere.
E se tanto mi dà tanto, sinceramente se fossi al posto della Meloni, sarei io a chiamare loro in Parlamento per farmi spiegare cosa vogliono sapere che non si sappia già! E ne approfitterei per rammentargli che l’Italia – a causa dei loro sprechi decennali – è tuttora, e chissà per quanto tempo dovrà continuare a farlo, costretta a pretendere dai propri cittadini il pagamento di un dazio (ovvero l’Iva sulle fatture per acquisti, vendite e servizi professionali offerti) del 22%. Che – checché ne dicano, lorosnistrati – ha un acronimo diverso, ma la stessa genesi (buchi nei conti pubblici da coprire) e le stesse vittime: i cittadini chiamati a pagare per i guasti di certa politica, come i dazi sull’export.
Silenzio assordante della sinistra sul nuovo Qfp europeo
Di fronte a tutto questo, però, lascia decisamente perplessi il fragoroso e inquietante – per le conseguenze che ne possono derivare – silenzio sotto il quale l’opposizione ha sepolto il nuovo Qfp che presenta qualche (si fa per dire, ovviamente) accisa in più, sulle imprese con oltre 100 milioni di fatturato (con conseguente rischio di fuga delle imprese, possibile a medio-lungo termine deindustrializzazione dell’Europa e crescita della disoccupazione).
E ancora su tabacco, rifiuti, prodotti elettronici e soprattutto un aumento importante del contributo dei Paesi all’Ue, secondo la proposta dall’1,13% all’1,26% del reddito nazionale lordo, nonché l’unione fra fondi di coesione e Pac che significherà una riduzione del 20% delle risorse destinate all’agricoltura che scenderanno da 378 a 300 miliardi, e l’invito dell’Oms ai governi ad aumentare il prezzo del vino addirittura del 50%, degli alcolici, sigarette e bevande zuccherate.
Coldiretti e Cia in allarme: «È un disastro annunciato»
«È un disastro annunciato», ha reagito Coldiretti annunciando la mobilitazione permanente. «È la fine dell’agricoltura», ha affermato Cia-Agricoltori italiani. A conti fatti, insomma, la Commissione pensa di spolpare gli Stati, imponendo balzelli ai cittadini, da incassare direttamente da Bruxelles, per quasi 60 miliardi. Ma Conte, Schlein e Avs tacciono. Non sarà perché, non potendo per queste faccende prendersela con Trump e accusare Meloni e il governo italiano (che, intanto, insieme alla Francia e ad altri Paesi europei, hanno detto «no» alla proposta di Trump per la fornitura di armi all’Ucraina a spese della Nato), preferiscono tacere?