Tra lupanari e falsi anfiteatri, l’amore sfida la cialtroneria
Nel cuore della Nocera antica prende forma una commedia burlesca che mescola archeologia, satira e intrigo personale. Nasce così «Fanfaronate Archeologiche», una pièce surreale che affonda le sue radici in un guazzabuglio di storie e tempi diversi, costruito – come ironicamente dichiara l’autore – «in circa due millenni».
Ispirandosi allo spirito del teatro brillante di Beaumarchais, l’opera intreccia due narrazioni parallele che si incrociano nel tempo e nello spazio, animate da personaggi grotteschi e dialoghi carichi di doppi sensi e caricature. Il risultato è una comicità che, seppur assurda, riflette situazioni reali e paradossi che l’archeologia, nella sua oggettività, a volte ci propone con disarmante precisione.
Tra i protagonisti spicca Novellia Primigenia, ninfetta generosa dei lupanari di Pompei, originaria del quartiere Venere di Portaromana a Nocera. In una cornice carica di allusioni, Novellia si incontra segretamente con il liberto Ermerote di Pozzuoli in un luogo che molti ritengono essere l’accesso a un antico anfiteatro romano, nei pressi di Grotti, vicino Portaromana. A rovinare l’idillio arriva Carmelo, il fanfarone di turno, che per pochi spiccioli si improvvisa cicerone, accompagnato dal professor Pastrocchio, archeologo pasticcione e grottesco, e da una sequela di personaggi che sembrano usciti da un sogno (o incubo) farsesco.
Tra equivoci e ignoranza archeologica
Il comico esplode quando gli amanti, consapevoli del valore e della sacralità del luogo, implorano il fanfarone di tacere. I visitatori, ignari e maldestri, diventano testimoni indesiderati di questa liaison, trasformandosi prima in voyeur e poi in vittime involontarie dell’equivoco. La loro ignoranza archeologica viene messa alla berlina: credono di trovarsi davanti a un anfiteatro, mentre si tratta in realtà di una semplice fullonica, antica lavanderia romana.
A spiccare è il contrasto tra la complessità del tempo e la purezza dei due amanti. Il loro amore, così sincero, diventa il solo elemento capace di riportare chiarezza in mezzo al caos farsesco. In un tempo in cui tutto appare confuso e travisato, solo i sentimenti autentici – e l’ironia – riescono a salvarci.
«Primigenia aveva ben altro da sciacquettarsi», conclude con amara ironia l’autore, sottolineando l’assurdo di una modernità incapace di distinguere tra cultura e fandonia. Un’opera brillante, leggera e profondamente critica, capace di farci ridere mentre ci invita a riflettere su quanto poco conosciamo – o vogliamo conoscere – del nostro passato.