Il mito delle janare di Benevento
Spesso un fiume, un enorme albero di Noce, misteriose creature e notti scure possono dar vita a leggende popolari che restano radicate nei secoli fino a non riuscire più a distinguere il mito dalla realtà; una di queste riguarda le streghe di Benevento.
Questa città, il cui nome originario era Maloenton, è circondata da montagne e da due fiumi: il Calore e il Sabato e secondo le più antiche leggende era proprio sulle sponde di questo fiume e sotto un grande noce che le streghe beneventane, chiamate anche «janare» che si riunivano.
Le janare di Benevento
Il nome potrebbe derivare da Dianara «sacerdotessa di Diana» , oppure dal latino «ianua», «porta»: era appunto dinanzi alla porta, che, secondo la tradizione, era necessario posizionare una scopa o grani di sale in modo tale che la strega, costretta a contare i fili della scopa, o i grani di sale, avrebbe indugiato ad entrare nelle abitazioni fino al sorgere del Sole, la cui luce pare fosse sua mortale nemica.
Esse nascevano nella notte della vigilia di Natale ed erano solite fare di notte le treccine alla criniera dei cavalli, lasciando dei nodi, ricorrenti nei rituali magici. Esistevano janare anche a Napoli, ma a differenza di quelle beneventane andavano in groppa sui cavalli anziché sulle scope. Per catturarle bisognava afferrarle per i capelli, loro punto debole, e chi fosse riuscito a catturarle e avrebbe successivamente offerto loro la libertà, avrebbe avuto la loro protezione sulla famiglia per sette generazioni.
I loro incantesimi riguardavano soprattutto rimedi propri della magia e della medicina popolare, derivanti da antiche tradizioni pagane mescolatesi nel tempo con le forme, le preghiere e i sacramenti del cattolicesimo popolare.
Un metodo infallibile per riconoscerle sarebbe stato quello di recarsi alla messa della notte di Natale e, una volta terminata, uscire ed attendere per vedere le ultime donne varcare la soglia della chiesa; sarebbero state quelle le janare di Benevento.
Si presume che questi racconti siano nati nel periodo del regno longobardo su Benevento, dopo che la maggior parte degli abitanti si era convertita al cristianesimo, alcuni veneravano ancora in segreto gli Dei pagani, in particolare le dee Iside, Diana ed Ecate.
Alcuni Longobardi, anch’essi pagani, si unirono a loro nel culto degli alberi tipico dei germani e della religione longobarda, e nel culto della vipera dorata cara ad Iside e probabilmente da qui nacquero le leggende delle orge infernali che si tenevano le notti di sabato sotto l’enorme noce.
Dopo che San Barbato nel VII secolo fece abbattere il noce, sarebbero iniziate a circolare dicerie su raduni di streghe. Secondo le dichiarazioni di Matteuccia da Todi, processata per stregoneria nel 1428, si sarebbe trattato di cerimonie intorno allo stesso albero poi ricresciuto.
Le persecuzioni delle janare di Benevento
Le persecuzioni delle streghe possono considerarsi iniziate con le prediche di San Bernardino da Siena, che nel XV secolo si schiaró contro di loro, con particolare riferimento a quelle di Benevento. Nella maggior parte dei casi queste donne venivano bruciate, mandate al patibolo o comunque punite con la morte con metodi più o meno atroci.
Solo nel XVII secolo prevalse la convinzione che non potessero essere veritiere confessioni fatte sotto tortura. Girolamo Tartarotti, nel 1749, spiegò il volo delle streghe come un’allucinazione provocata dal demonio, e Ludovico Antonio Muratori, nel 1745, affermò che le streghe sono solo donne malate psichicamente.
Uno storico locale, Abele De Blasio, riferì che nell’archivio arcivescovile di Benevento erano conservati circa 200 verbali di processi per stregoneria, in buona parte distrutti nel 1860. Forse erano solo donne sapienti, custodi di saperi antichi e proibiti o forse erano solo vittime di paura, ignoranza e pregiudizio. Ma in ogni leggenda, così come per le janare di Benevento, c’è sempre un seme di verità, ma quel grande noce, vero o fittizio, continua a far germogliare racconti.