La premier elenca le priorità dell’esecutivo: sostegno al ceto medio
Ampliare gradualmente la platea dei soggetti interessati al sostegno alle famiglie, concentrandosi sul ceto medio; «abbassare strutturalmente i costi» dell’energia e lavorare tutti insieme – maggioranza e opposizione – per arrivare a una soluzione sul disaccoppiamento del prezzo del gas.
Ed ancora: sì alla reintroduzione delle preferenze per la nuova legge elettorale (ma la Lega è contraria a rivedere un sistema di voto che punta a eliminare i collegi uninominali, «sarebbe una legge contro di noi», dice una fonte parlamentare del partito di via Bellerio). E ancora, la promessa di raggiungere entro il 2025 la quota del 2% del Pil nelle spese per la Difesa e l’apertura a una valutazione con la Commissione europea per inserire Industria 5.0 e Transizione 4.0 nella revisione del Pnrr.
Sono queste le indicazioni fornite dalla premier Giorgia Meloni sulla ‘road map’ del governo nelle prossime settimane, in occasione del premier time al Senato. Le Camere sono impegnate nella conversione di diversi decreti (dalla riforma della cittadinanza a quello legato alle consultazioni referendarie) e presto sul tavolo del Cdm (ma non nella riunione prevista per venerdì) ne arriveranno altri: uno ‘omnibus’ – riferiscono fonti informate sul dossier – sulle infrastrutture (che conterrà misure legate ai porti e alla costruzione del Ponte sullo stretto), un altro sullo sport che, tra l’altro, dovrebbe portare alla nomina di un commissario per la costruzione di stadi in vista dell’Europeo del 2032 che l’Italia organizzerà insieme alla Turchia.
La politica estera
Il presidente del Consiglio, nel premier time, affronta però temi di ampio respiro. Difende a spada tratta il lavoro di ricucitura tra Unione europea e Stati Uniti sul negoziato sui dazi («Nessuna subalternità» nei confronti del governo statunitense) e l’operato dell’esecutivo sul lavoro («Abbiamo raggiunto il livello massimo di occupati di sempre») in attesa del confronto con i sindacati («Sarà senza pregiudizi»). Rilancia sull’immigrazione («Andiamo avanti con il protocollo sull’Albania, alla fine di questa settimana oltre il 25%» dei migranti «trattenuto sarà già rimpatriato») e la sua battaglia contro «le follie ideologiche» sulla transizione energetica.
Ribadisce che la politica estera italiana ha una identità chiara, che sui «dossier strategici» l’esecutivo «ha ereditato delle situazioni un tantino compromesse» e che non c’è alcuna intenzione di utilizzare i fondi di coesione per il rafforzamento della Difesa, anche se sottolinea che «la libertà ha un prezzo».
«L’Italia e l’Europa devono rafforzare le proprie capacità difensive per rispondere alle responsabilità cui sono chiamate anche in ambito Nato: lo ribadisco in questa sede con la coerenza di chi da patriota ha sempre sostenuto un principio semplice, cioé che – argomenta la premier – se fai pagare a un altro la tua sicurezza non sei tu a decidere pienamente del tuo destino e non c’è la possibilità stessa di difendere appieno i propri interessi nazionali».
Lo scontro con le opposizioni
Lo scontro in Aula è soprattutto con Matteo Renzi, che incalza il presidente del Consiglio sulla ‘coerenza’, accusandola di non averne, e sulle riforme, premierato in testa. «Dimissioni in caso di sconfitta al referendum? Senatore Renzi, guardi lo farei anche volentieri ma non farò mai niente che abbia già fatto lei», replica Meloni. Poi il botta e risposta con Avs che accusa la premier di aver svenduto l’Italia agli Stati Uniti, promettendo 40 miliardi al governo americano («Calcolo totalmente inventato»). E con il Pd sull’incremento degli acquisti di Gnl a Washington: «Gli accordi sono stati sottoscritti quando c’era l’amministrazione Biden, dunque è difficile che possa essere venduto come un favore a Donald Trump».
Tensione in Aula anche con M5s. «Non raccontiamo una nazione nella quale tutto è perfetto… ma in cui le cose vanno meglio di quando governavate voi», dice il Capo dell’esecutivo rispondendo all’offensiva del pentastellato Stefano Patuanelli che, alla presenza di una decina di ministri che seguono i lavori, definisce l’intervento della premier «una supercazzola».
Liste d’attesa e governo
Il presidente del Consiglio si rivolge poi ai governatori in maniera ‘trasversale’ sul problema delle liste d’attesa: «Devo – dice – fare un appello alle Regioni, perché noi ogni anno stanziamo quelle risorse che però vengono gestite» da loro. Mentre la maggioranza invita di fatto la premier a rimarcare i risultati raggiunti dal governo in questi anni. «La crescita occupazionale, la tutela del potere d’acquisto, l’aumento degli stipendi sono priorità che questa maggioranza e questo governo hanno ben chiare, priorità che consideriamo irrinunciabili», sottolinea la premier.
Il Capo del governo si è infine soffermato sulle tensioni tra India e Pakistan («Stiamo seguendo la situazione, siamo pronti a riferire in Parlamento), sulla guerra in Ucraina («Mosca dimostri di volere la pace») e sul conflitto in Medio Oriente, «appoggiamo il lavoro dei Paesi arabi, sono la chiave di volta».
Capitolo riforme
Un riferimento anche alle riforme: «il premierato sta andando avanti», la tempistica «dipende dal Parlamento, ma la maggioranza è intenzionata a procedere in maniera spedita, come sulla riforma della giustizia». Sponda anche al ritorno delle preferenze (ma nella maggioranza c’è molta resistenza pure su questa eventualità) all’interno di una riforma della legge elettorale che nei piani di Fratelli d’Italia dovrà essere varata più avanti.
Perché se dalla Lega e da FI dicono che in realtà non si è di fatto aperta alcuna trattativa, nel partito della premier si sottolinea come «per ora» la revisione del sistema di voto sia solo uno strumento di pressione nei confronti dell’opposizione. In particolare sulla volontà di arrivare all’indicazione del premier nella scheda: «L’opposizione chi sceglierà tra Schlein e Conte?», la domanda degli esponenti di FdI.