Fratture profonde tra riformisti, area Schlein e alleati
La discussione sul disegno di legge contro l’antisemitismo firmato da Graziano Delrio non si limita a produrre un normale confronto politico: diventa l’ennesimo punto di rottura di un equilibrio già fragile nel Pd e nell’intero campo largo. Ciò che nasce come iniziativa per rafforzare gli strumenti di prevenzione e repressione del fenomeno finisce per evidenziare una frattura che attraversa trasversalmente i dem, tra riformisti e area più vicina alla segreteria, e allo stesso tempo incrina il rapporto con gli alleati progressisti.
- Le accuse di Bonelli e il contraccolpo nel fronte riformista
- L’area vicina alla segreteria teme una legge “divisiva”
- Boccia disconosce il ddl e amplifica lo scontro interno
- Sei proposte di legge e un tema che divide identità e strategie
- Le obiezioni di Avs sugli articoli del ddl e il tema delle libertà accademiche
- I promotori dem difendono la proposta e respingono le accuse
Le accuse di Bonelli e il contraccolpo nel fronte riformista
A far esplodere il caso è il leader di Avs, Angelo Bonelli, che definisce il testo «sconcertante» e contesta la scelta di adottare la definizione di antisemitismo dell’International Holocaust Remembrance Alliance (IHRA), ritenendo che essa «qualifichi come antisemita ogni critica radicale contro Israele».
Il giudizio, drastico, scuote immediatamente il blocco riformista del Pd, che percepisce l’attacco come un tentativo di delegittimare una proposta che considera equilibrata. Pina Picierno risponde senza mezzi termini, parlando di «critiche strumentali che sanno di giustificazionismo e ipocrisia dai soliti inquinatori di pozzi». La durezza del botta e risposta mostra quanto il dissenso non sia episodico, ma affondi in una diversa interpretazione del ruolo che il partito deve assumere su temi etici e sulla politica internazionale.
L’area vicina alla segreteria teme una legge “divisiva”
Se da un lato i riformisti difendono la legittimità del disegno di legge, dall’altro l’area più prossima a Elly Schlein guarda con preoccupazione all’impatto politico della misura. Arturo Scotto invita apertamente a non intervenire per via legislativa su questioni «delicatissime», mentre in un convegno promosso dai deputati dem emergono perplessità che si intrecciano alle critiche sul piano Trump.
Peppe Provenzano, responsabile Esteri del partito, riconosce la necessità di combattere l’antisemitismo, ma sottolinea che ciò deve avvenire attraverso «un’azione politica coerente». Il fatto che Provenzano eviti di chiarire la posizione ufficiale della segreteria conferma quanto la questione sia sensibile: la dirigenza teme che l’adozione della definizione IHRA possa essere interpretata come un irrigidimento sul piano del dibattito pubblico riguardo a Israele.
Boccia disconosce il ddl e amplifica lo scontro interno
La situazione precipita quando il capogruppo al Senato, Francesco Boccia, prende posizione e afferma che il ddl Delrio «non rappresenta la posizione del gruppo né quella del partito». Una presa di distanza che, invece di chiudere la polemica, permette alle tensioni latenti di emergere apertamente. La dichiarazione, infatti, sancisce di fatto la mancanza di una linea condivisa e apre una domanda di fondo: chi parla a nome del Pd su un tema così delicato? L’assenza della segretaria e la smentita formale del capogruppo alimentano la percezione di un partito diviso non solo sul merito della proposta, ma anche sull’autorità politica incaricata di rappresentarlo.
Sei proposte di legge e un tema che divide identità e strategie
Il Parlamento ha già sul tavolo sei diverse proposte relative alla definizione di antisemitismo e alle modalità per contrastarlo. Tutte richiamano la formulazione dell’IHRA, ma è proprio l’uso di alcuni esempi interpretativi a suscitare resistenze: «fare paragoni tra la politica israeliana contemporanea e quella dei Nazisti», «negare agli ebrei il diritto dell’autodeterminazione, per esempio sostenendo che l’esistenza dello Stato di Israele è una espressione di razzismo», «applicare due pesi e due misure nei confronti di Israele richiedendo un comportamento non atteso da o non richiesto a nessun altro stato democratico».
Per una parte del Pd questa cornice concettuale è uno strumento necessario per combattere un fenomeno in crescita; per l’altra rischia di sovrapporre antisemitismo e critica politica legittima, specialmente su un tema estremamente sensibile per l’elettorato di sinistra.
Le obiezioni di Avs sugli articoli del ddl e il tema delle libertà accademiche
Bonelli non contesta solo la definizione IHRA. Secondo il leader di Avs «delega il governo Meloni a varare uno o più decreti legislativi ‘in materia di prevenzione, segnalazione, rimozione e sanzione dei contenuti antisemiti diffusi sulle piattaforme online di servizi digitali in lingua italiana’. Gli articoli 3 e 4 prevedono che ogni università nomini una sorta di controllore che vigili su eventuali attività interne, anche didattiche, considerate illegittime». «Non si possono colpire e perseguire le opinioni di chi critica Israele», aggiunge Bonelli.
I promotori dem difendono la proposta e respingono le accuse
Sul fronte opposto, Arturo Scotto ribadisce la necessità di distinguere tra antisemitismo – da lui definito «un cancro della società italiana» – e opinioni critiche verso lo Stato israeliano. Delrio difende il cuore del suo testo, precisando che la definizione IHRA è già stata adottata dal Parlamento europeo nel 2017 e dal governo Conte nel 2020, e sottolinea che la proposta non intende conferirle «forza di legge», a differenza di altre iniziative. Simona Malpezzi sintetizza lo spirito dei promotori: «Rafforziamo gli strumenti esistenti».




