Il clan D’Alessandro «resuscitava» i pazienti morti per trasportarli dall’ospedale a casa

Tra le attività illegali anche l’imposizione del caffé ai bar

Il 118 in mano alla camorra. Il monopolio del servizio delle ambulanze grazie a violenze e minacce. Il clan D’Alessandro faceva resuscitare i morti, almeno sulla carta, per poterli trasportare dall’ospedale a casa. È il quadro che emerge dall’indagine dei carabinieri e della direzione distrettuale antimafia di Napoli che vede al centro il clan di Castellammare di Stabia, lo stesso chiamato in causa dall’inchiesta che meno di un mese fa ha portato alla gestione controllata della Juve Stabia, la squadra di calcio locale, militante in serie B.

Il gip di Napoli, su richiesta della Dda, ha emesso due ordinanze di custodia cautelare nei confronti di altrettanti soggetti e ha disposto il sequestro di una ditta di trasporto degli ammalati, ritenuta dagli inquirenti legata al clan. Dagli accertamenti dei militari dell’Arma, sono emersi almeno tre casi di trasferimenti di pazienti morti nel periodo che va da aprile a luglio 2021. Ma si stima che siano stati molti di più.

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Il regolamento, com’è noto, prevede che il prelievo della salma debba essere effettuato solo da parte di una ditta autorizzata dal Comune. Ma con questo modus operandi la camorra driblava gli ostacoli posti della legge.

Le minacce al responsabile della sicurezza del Menti

Gli arresti riguardano un prestanome del clan e un presunto affiliato, accusato di avere minacciato il responsabile della sicurezza dello stadio Menti di Castellammare determinato a far rispettare, durante la pandemia, le norme più stringenti introdotte a causa dell’emergenza sanitaria determinata dal Covid-19.

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La «guardia», come viene definita da uno dei cinque indagati, è stata minacciata dopo avere riferito al suo interlocutore che l’osservatorio sulle manifestazioni calcistiche era particolarmente attento nel controllare il rispetto delle norme sanitarie durante le partite, considerata la situazione. Il clan aveva interessi nel servizio bar dello stadio che, con le restrizioni, rischiavano di subire perdite.

Gli indagati e la società

La società messa sotto sequestro dal gip è la «New Life» mentre gli arresti sono stati notificati a Daniele Ammendola, prestanome di Antonio Rossetti (quest’ultimo indagato in questo procedimento e ritenuto figura apicale del clan D’Alessandro), e a Luigi Staiano, a cui invece si contesta il reato di tentata estorsione aggravata. Gli inquirenti hanno anche documentato le minacce rivolte dal clan al titolare di una società per il trasporto di malati titolare di un appalto per il servizio di pronto soccorso dell’Asl Napoli 3 Sud che si era «permesso» di trasportare una salma prelevata dall’ospedale San Leonardo di Castellammare. A pagare lo «sgarro», in quell’occasione, sarebbero stati due dipendenti, tra cui l’autista dell’ambulanza.

L’imposizione del caffè

Tra le attività illegali del clan D’Alessandro figura anche l’imposizione del caffé ai bar di Castellammare di Stabia. Due gli episodi documentati dai carabinieri di Torre Annunziata e dalla Direzione distrettuale antimafia di Napoli che hanno visto protagonista uno dei cinque indagati. Il business del caffé, inoltre, sempre secondo quanto documentato dalle intercettazioni, avrebbe creato un dissidio all’interno del clan che ha visto protagoniste due fazioni, una delle quali vendeva e non imponeva il proprio prodotto.

Dai colloqui ascoltati dai carabinieri emerge che la fazione che imponeva il caffé ai bar, faceva lo stesso con uffici e negozi del territorio. Nell’agosto del 2021 però l’attività di questa fazione cessa in quanto il responsabile del business si traferisce nel Lazio per volere dei vertici proprio per salvaguardare i rapporti, nel frattempo incrinatisi, con l’altra componente del clan D’Alessandro.

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