Parte civile: «Desirèe punita psicologicamente perché voleva lasciarlo»
La furia omicida arrivò in un pomeriggio di febbraio, un duplice femminicidio che lasciò sotto choc una famiglia e una intera comunità, quella di Cisterna, in provincia di Latina. Oggi per il responsabile, che uccise la madre e la sorella dell’ex fidanzata, è arrivata la condanna all’ergastolo.
Quel giorno Cristian Sodano, all’epoca finanziere, ha puntato la pistola di ordinanza contro Nicoletta Zomparelli di 46 anni e Renèe Amato di 19, esplodendo una serie di colpi, mentre l’ex fidanzata, Desirèe di 22 anni, riuscì a sfuggire al massacro scappando tra gli spari. La giovane fu l’unica che riuscì a fuggire dall’abitazione dove viveva con la famiglia rifugiandosi in bagno e poi scappando dalla finestra.
Oggi oltre un anno e mezzo dopo quella sera del 13 febbraio 2024, è arrivata la sentenza, pronunciata dal giudice del tribunale di Latina Gian Luca Soana: Christian Sodano, 28 anni, che lavorava come finanziere, è stato condannato all’ergastolo, con isolamento diurno di un anno. Per il ventottenne, inoltre, è stata anche riconosciuta l’aggravante dei motivi abietti e futili, ma è stata esclusa quella della premeditazione, malgrado alcuni messaggi che inviò alla ragazza, in cui annunciava che se lo avesse lasciato avrebbe «fatto una strage».
Un «femminicidio in vita»
«Ci auguriamo che la Corte d’Assise acceda al ragionamento che abbiamo consegnato, ovvero che si tratta di un ‘femminicidio in vita’, cosiddetto ‘indiretto’ – ha asserito poi l’avvocato Nicodemo Gentile, che rappresentava il Comune di Cisterna come parte civile -. Desirèe, infatti, è stata punita alla morte psicologica perché lo voleva lasciare, e lui ha riprodotto lo stesso dolore che diceva di provare lui. È una forma subdola e raffinata di violenza, ed è stata motivata da spirito punitivo. Il motivo è abietto proprio perché la spinta che ha portato all’omicidio è spregevole, turpe».
«Basta che ha preso l’ergastolo. A noi quello ci interessa» le parole utilizzate invece da Giuseppe Amato, padre e marito delle due vittime, fuori dal tribunale di Latina.
«È finita l’agonia – gli ha fatto eco Maria Pia Zomparelli, sorella di una delle due vittime e zia dell’altra -. Adesso abbiamo lo stomaco sottosopra. Ci dobbiamo calmare un attimo e isolarci, metabolizzare questa cosa». «Fin dalla prima udienza abbiamo voluto essere accanto ai familiari di Nicoletta e Renèe: lo dovevamo a tutta la comunità di Cisterna – ha chiosato infine il sindaco del comune pontino Valentino Mantini -. In questa sentenza non ci sono né vincitori né vinti, ma soltanto il dramma di una comunità».