Il professionista: «Sangare voleva provare un’emozione forte»
«È stato un delitto fatto per il piacere di compierlo, equiparabile a un omicidio sadico. Sangare voleva provare un’emozione forte, ponendosi di fronte al fatto di essere in grado di fare una cosa grave». Così, davanti alla Corte d’Assise di Bergamo, lo psichiatra di parte civile Massimo Biza, al processo a carico di Moussa Sangare per l’omicidio di Sharon Verzeni, uccisa la notte del 30 luglio 2024 a Terno d’Isola (Bergamo).
«Il fatto che avesse scartato prima di Sharon delle altre vittime, dimostra una lucidità terrificante», ha aggiunto Biza. Sia quest’ultimo sia il collega, Sergio Monchieri, incaricato dalla Procura, hanno ritenuto superflui gli accertamenti e gli ulteriori esami richiesti da Alessandro Calvo, psicologo e consulente della difesa, secondo cui il disturbo della personalità sarebbe «idoneo a compromettere la capacità di intendere e volere».
«Sospettavamo già fosse capace di intendere e volere, il nostro perito lo ha confermato. Il dolore resta: non proviamo rancore, ma grande dolore e questo non ce lo toglie nessuno» ha affermato uscendo dal tribunale di Bergamo Bruno Verzeni, papà di Sharon. Presente anche il fidanzato Sergio Ruocco. Nella prossima udienza, in programma il 10 novembre, parleranno in aula i familiari di Sharon e il fidanzato, parti civili. Respinta, invece, la richiesta della difesa di convocare l’assistente sociale e gli amici di Moussa Sangare.