Altro che lavoro, 66 scioperi a settembre ma pagano gli italiani
L’estate è appena finita e i sindacati sono immediatamente ripartiti. E guarda caso proprio da dove si erano fermati prima. Se, infatti, gli ultimi scioperi prima delle ferie estive del 7 e 8 luglio hanno interessato il personale ferroviario, seguiti il 10 luglio da uno stop del settore aereo e tre giorni dopo da uno sciopero generale nazionale del trasporto pubblico locale, quelli del dopo vacanze sono ripartiti giovedì scorso proprio da lì: dai trasporti ferroviari, poi toccherà agli aerei e alla scuola, infine ai direttori del ministero della Giustizia. Potevano mancare?
E saranno ben 66 (in pratica 2 al giorno) le astensioni dal lavoro fissate da Landini e dai suoi colleghi delle altre organizzazioni sindacali Tpl, Fit-Cisl, Filt-Cgil, Fastconfsal, Faisa-Cisal che hanno proclamato agitazioni per l’intero mese in varie città e regioni italiane. Altri enti e sindacati coinvolti sono Trenitalia, Italo, Trenord per i trasporti ferroviari, e compagnie aeree come EasyJet e Volotea. E c’è anche chi (Camalli, centri sociali, “sinistrati” d’Europa e, dulcis in fundo, la Cgil, per la quale anche il nuovo esame di maturità puzza di fascismo) chiede uno sciopero generale per Gaza. Obiettivo: fermare l’Italia.
La fretta di Landini e i possibili motivi
Vien da chiedersi, però, perché tanta fretta: non sarebbe stato meglio e più opportuno optare per ottobre? Tra l’altro, dimostrando così maggior rispetto per i lavoratori, cui avrebbero evitato di fare i salti mortali per rientrare in tempo utile se vogliono esserci, nonostante che per questo vedranno assottigliarsi le proprie buste paga a causa della trattenuta sullo stipendio per le ore o le giornate di assenza, mentre cresceranno per il lavoro straordinario organizzativo quelle dei loro leader.
A mio modestissimo avviso, sarebbe stato possibilissimo, ma proprio questa fretta e la considerazione che in autunno parte del Paese — Calabria, Campania, Marche, Puglia, Toscana, Valle d’Aosta e Veneto — andrà alle urne per rinnovare le rispettive assemblee regionali, unitamente alla notizia di Alanews dell’11 agosto 2025, secondo la quale la CGIL avrebbe perso 45mila iscritti tra ottobre 2024 e agosto 2025, fa temere che fra le fila degli iscritti al sindacato abbiano cominciato a prendere corpo diverse criticità interne e inizi a perdere consensi lo stesso Landini, stimolandolo a correre ai ripari, rilanciando la sua cosiddetta «rivolta sociale».
Tant’è che le motivazioni da lui addotte a sostegno degli scioperi di settembre sono legate alla necessità di affrontare la crisi della democrazia utilizzando lo sciopero e la lotta per Gaza e la pace come strumenti per contrastare la crisi economica e sociale. Un modo per stimolare, insomma, la partecipazione attiva dei cittadini e far fronte a problemi come l’astensionismo elettorale, promuovendo la dignità del lavoro e i diritti dei lavoratori. Niente di nuovo sotto il sole. La solita politica, da quando al governo ci sono la Meloni e il centrodestra, compreso il rituale richiamo al fantasma fascista che non c’è.
Il che, insieme a quella chiosa finale, tutta teoria e niente pratica: «promuovendo la dignità del lavoro e i diritti dei lavoratori», rappresenta la dimostrazione più eclatante che l’obiettivo reale del segretario Cgil non sono né il lavoro, men che meno i lavoratori (cose di cui, per la verità, non si è mai «impippato» più di tanto, neanche quando al governo c’erano i suoi amici) e nemmeno la premier, bensì la conquista della leadership dell’opposizione. Da qui la fretta.
Visto che il sondaggio presentato dal Tg La7, lunedì scorso, per l’ennesima volta ha ribadito che mentre crescono: Fdi 30,2% (+0,3); Fi 8,2 (+0,1); Lega 8,6 (+0,2) e resta stabile Noi moderati 0,1; al centro cresce Azione 3,5 (+0,2); arretrano, invece, tutti i partiti del campo (santo): Pd 22 (-0,4); M5s 13,3 (-0,1); Iv 2,5 (-0,1) e resta immutata Avs 6,7. Sicché, lui ritiene arrivato il momento di scendere in campo, mettersi alla testa dei rivoltosi e provare a cambiare le cose, cercando di conquistarsi i gradi di «number one» dei «sinistrati» d’Italia. Ci riuscirà? Ancora un poco e lo sapremo.
I dati economici e la realtà italiana
Anche stavolta, insomma, gli italiani hanno dimostrato di essere migliori, più onesti e obiettivi di quella sinistra che fa di tutto per cercare di delegittimare i risultati che il centrodestra continua a mettere in fila. Non gli perdona di stare smentendo il Machiavelli del «governare è far credere», bensì «…realizzare» come sosteneva De Gasperi. L’Istat ha certificato che a luglio il tasso occupazionale era al top storico: 62,8% (24.217.000, mai così tanti) e per i senza lavoro 6% (1.532.000, mai così pochi dal 2007); è calato lo spread che prima della nomina di questo governo era a 236 punti e oggi è a 87.
Tra il 2019 e il 2024 i salari sono aumentati del 9,1%, l’inflazione, però, è al 17,4% e il recupero del potere d’acquisto degli italiani non c’è stato, e non per colpa di Giorgetti. Tant’è che la Bce strapazza i conti francesi e promuove quelli italiani e il Viminale comunica che da agosto 2023 ad oggi l’immigrazione è crollata del 76%: da 114.800 a 43.800. Ma la Schlein contesta la finanziaria 2026. Non ancora scritta.