Il Consiglio dei Ministri vara il decreto «Terra dei Fuochi»: pene più dure, arresti e bonifiche

Il ministro: «Lo Stato lancia un segnale forte: chi inquina paga»

Il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto-legge “Terra dei Fuochi”. Un provvedimento che segna una svolta tanto attesa quanto necessaria, e arriva in risposta a una ferita aperta da anni tra le province di Napoli e Caserta. Una ferita fatta di roghi tossici, discariche abusive, fumi che avvelenano l’aria e una criminalità ambientale che ha trovato nel silenzio il suo migliore alleato.

Adesso lo Stato prova a recuperare il tempo perso con un impianto normativo severo, che colpisce i responsabili dei crimini ambientali con nuove sanzioni penali e amministrative. Si introduce la possibilità di arresto anche in flagranza differita: significa che chi viene ripreso dalle telecamere mentre abbandona o brucia rifiuti potrà essere arrestato anche ore dopo il fatto. È una risposta concreta all’abitudine criminale di agire di notte o in zone isolate, fuori dalla portata dei controlli.

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Le pene per chi inquina diventano più dure: chi abbandona rifiuti in aree sensibili, chi li deposita nei fiumi o nei canali, rischia ora la reclusione fino a sei anni e sei mesi, con aggravanti legate alla pericolosità dei materiali o al danno arrecato alla salute pubblica. A queste pene si sommano misure accessorie come la sospensione della patente, il fermo del veicolo utilizzato per il trasporto illegale e la cancellazione dall’Albo dei gestori ambientali. Un’azienda che agisce fuori legge viene esclusa dalle filiere ufficiali e colpita alla base, nel cuore del suo business.

Più poteri ai Comuni e interventi immediati sulle aziende illegali

Il decreto non si limita a punire, ma mira anche a togliere di mano il potere economico alle imprese che operano nella zona grigia. Le aziende coinvolte in reati ambientali potranno essere immediatamente sottoposte ad amministrazione giudiziaria, anche prima di una condanna definitiva. Un passaggio cruciale, perché molte attività legate allo smaltimento dei rifiuti fanno da sempre gola alla camorra e ai vari gruppi criminali di zona. La gestione giudiziaria consente di fermare queste realtà, sanarle, controllarle, impedendo che continuino a produrre danni mentre si aspetta la giustizia ordinaria.

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Il ruolo dei Comuni diventa centrale. I sindaci potranno comminare sanzioni anche senza contestazione diretta, utilizzando le immagini delle videocamere di sorveglianza come prova. Basta un video per far scattare la multa. Non servono più agenti in loco al momento del fatto. È una rivoluzione silenziosa che restituisce potere agli enti locali, spesso lasciati soli davanti all’emergenza.

Terra dei fuochi: bonifiche e tecnologie per il controllo del territorio

Sul fronte operativo, viene stanziata una prima tranche da 15 milioni di euro – forse ancora pochi – per avviare la bonifica. A gestire le operazioni sarà il generale Giuseppe Vadalà, Commissario unico già impegnato in altri interventi nazionali. Le risorse serviranno per rimuovere rifiuti abbandonati, mettere in sicurezza le aree e avviare la riqualificazione ambientale. Il decreto prevede che i costi sostenuti possano essere recuperati nei confronti dei responsabili, tramite azioni legali di rivalsa.

Per garantire un monitoraggio capillare, il provvedimento prevede anche l’utilizzo della Carta nazionale dell’uso del suolo dell’AGEA, l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura. Si tratta di uno strumento tecnologico avanzato, che permette di mappare con precisione i suoli agricoli, rilevando variazioni morfologiche e alterazioni chimico-fisiche. Una risorsa indispensabile per identificare nuove discariche e contaminazioni in atto, così da intervenire tempestivamente.

Nuove aggravanti, pene più severe

A rafforzare il pacchetto, ci sono anche modifiche al codice penale e al codice ambientale. I reati legati all’abbandono o alla combustione di rifiuti diventano punibili con pene molto più severe, soprattutto se commessi in aree già compromesse o in prossimità di centri abitati. Chi sversa rifiuti pericolosi o dà fuoco a materiali tossici potrà ricevere fino a sette anni di carcere. Non solo: anche le imprese che agiscono per colpa — e non per dolo — potranno essere sanzionate, se l’omessa vigilanza ha favorito la commissione del reato.

A margine del Consiglio dei Ministri, il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin ha dichiarato: «Con questo decreto lo Stato lancia un segnale forte: chi inquina paga, senza alcun tipo di sconto. Era indispensabile intervenire con decisione per restituire fiducia ai cittadini e strumenti più efficaci alle forze dell’ordine e alla magistratura». Gli ha fatto eco il viceministro Vannia Gava: «Stiamo dando risposte concrete ai territori devastati da anni di illegalità ambientale. Ora abbiamo una legge che punisce severamente chi distrugge ambiente e salute».

Questo provvedimento è, almeno formalmente, una prima risposta – la seconda se contiamo anche la nomina del commissario Vadalà – al richiamo arrivato dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo a inizio anno. Nella sentenza del 30 gennaio 2025, l’Italia è stata condannata per non aver tutelato adeguatamente i cittadini della Terra dei Fuochi, colpevole di aver lasciato proliferare situazioni di grave pericolo per la salute e l’ambiente.

Ma non basterà una legge a restituire credibilità allo Stato, assente per troppi anni in queste zone. Serviranno controlli, ispezioni, bonifiche, arresti. E soprattutto servirà vigilanza attiva da parte dei Comuni coinvolti. La Terra dei Fuochi ha bisogno di fatti. Dopo anni di delegittimazione, disillusione e solitudine, ai cittadini che vivono tra rifiuti e veleni deve arrivare un messaggio chiaro: lo Stato c’è.

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