Avrebbero sottratto alle vittime beni e denaro per circa 100mila euro
Sono accusati di avere messo a segno ben 36 truffe ai danni di altrettanti anziani, tra le provincie di Napoli, Benevento ed Avellino, i tre uomini di 32, 38 e 26 anni, a cui i carabinieri della Compagnia di Castello di Cisterna hanno notificato altrettanti tre arresti in carcere, emessi dal gip al termine di indagini coordinate dalla Procura di Napoli. Con la tecnica del finto familiare o del finto avvocato, dalla loro base, nel quartiere Ponticelli del capoluogo partenopeo, avrebbero sottratto alle vittime beni e denaro per circa 100mila euro.
Ognuno, è emerso, ricopriva un ruolo: c’era il «primo telefonista», il «secondo telefonista» e infine «soggetto itinerante», colui che si recava a ritirare denaro e monili dagli anziani spaventati. Il modus operandi è purtroppo tristemente noto: si fa credere alla vittima che un loro parente stretto è stato arrestato e che per liberarlo è necessario pagare una cauzione.
Il metodo ricostruito dagli inquirenti
«Devi morire… devi morire»: non nasconde la sua ira, secondo quanto emerso dalle indagini, uno dei tre arrestati a Napoli dai carabinieri, dopo essere stato scoperto dalla vittima, un’anziana signora a cui aveva detto che il figlio era responsabile di un grave incidente stradale. Alla vittima, residente nel Napoletano, aveva telefonato singhiozzante e con la voce camuffata dicendo «Mamma ho fatto un guaio… ho investito una signora, mannaggia», prima di darle il numero di telefono dell’avvocato da chiamare subito.
Il presunto avvocato ha fatto credere alla signora che la vittima, una donna incinta di quattro mesi, aveva avuto ripercussioni sulla gravidanza e che il figlio, non avendole prestato soccorso rischiava l’arresto. Il finto avvocato aggiungeva però, di essere amico del magistrato che si stava occupando del caso, un’amicizia che avrebbe potuto evitare l’arresto grazie a una cauzione risarcitoria di quasi 15mila euro, Iva compresa, denaro che il finto figlio del finto avvocato sarebbe passato a ritirare.
La vittima, però, malgrado il palese stato di agitazione, comincia a nutrire dei dubbi e chiede una ricevuta, istanza che spinge il finto avvocato a minacciare l’interruzione della pratica. Minaccia che va a segno: infatti la donna con il truffatore ancora in linea si reca a prendere i soldi in un’altra stanza. A salvarla un inconveniente tecnico, la caduta della linea, che le consente di consultarsi nel frattempo con un conoscente il quale la mette in guardia.
E quando il finto avvocato richiama lei gli chiede di darle la data di nascita del figlio, richiesta che scatena la reazione scomposta del truffatore: «devi morire… devi morire». Da una perquisizione eseguita dai carabinieri di Castello di Cisterna a casa di uno degli indagati, è emerso che uno dei truffatori arrestati conservava un articolo, che lo riguardava, come un vero e proprio attestato di benemerenza. Per individuare le loro vittime, i tre componenti la banda di truffatori effettuavano delle ricerche via web sulle «Pagine Bianche».
Gli indagati
Gli arresti in carcere del gip di Napoli Giovanni Vinciguerra riguardano Paolo Del Giudice, 32 anni (il presunto capo della banda e per l’occasione, «primo telefonista» e «secondo telefonista»); Mario Torre, 38 anni (presunto «secondo telefonista» e coordinatore della fase finale delle truffe), e Antonio Grimaldi, 26 anni (colui che, secondo la ricostruzione degli inquirenti, andava dalle vittime sotto mentite spoglie per ritirare denaro e monili). Tra gli indagati figura anche una donna originaria del Casertano che avrebbe messo a disposizione la sua abitazione trasformata dalla banda nella loro base logistica.
Alla ricostruzione degli inquirenti gli indagati potranno replicare, assistiti dai propri legali, e dimostrare la propria estraneità ai fatti contestati. Tutti, infatti, sono da ritenersi presunti innocenti fino a sentenza definitiva, nel rispetto del principio di non colpevolezza sancito dalla legge.