Col Massimario della Cassazione la toga rischia di trasformarsi in bandiera

Un nuovo partito senza simbolo, ma con un’agenda chiara

È nato un nuovo partito? Gli interessati lo negano, ma… l’adesione dell’Anm ai comitati per il «sì» ai referendum su Jobs Act e immigrazione ne è stato il prologo; la presentazione del Massimario della Cassazione sul decreto legge Sicurezza e immigrazione, il battesimo. A dispetto dell’equidistanza fra accusa e difesa, il sindacato dei magistrati ha ufficializzato da che parte intende stare: quella «mancina» e provare a ritagliarsi un ruolo politico non da poco: di federatore della sinistra e antigoverno.

Forse, spera di recuperare – grazie a Cgil e partiti dell’opposizione – la fiducia perduta agli occhi dei cittadini, in conseguenza del proprio continuare a dare la sensazione di essere più vicino a chi occupa le case; ai migranti irregolari; ai rapinatori di negozi e case private; collettivi alternativi e pro Pal; che ai cittadini onesti e Forze dell’Ordine, immediatamente indagati, sospesi, colpevolizzati e, finanche, se del caso, posti agli arresti domiciliari e costretti a pagarsi di tasca propria le spese legali. Quando – per difendere i cittadini e se stessi – si vedono costretti a usare le armi.

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Il silenzio di Mattarella e l’ombra del Massimario

Alla luce di tutto questo, non occorre leggere nei fondi del caffè per capire che quello del Capo dello Stato e presidente del CSM – sull’iperattivismo politico e le consequenziali e ormai quasi quotidiane interferenze delle Corti giudiziarie nell’attività legislativa del governo – è diventato un silenzio inquietante. E nello specifico, il Massimario rappresenta un affronto a Mattarella, oltre che al Governo.

In calce a quel decreto, infatti – a garantirne la «purezza costituzionale» – c’è la sua firma, senza la quale non avrebbe potuto essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale ed entrare in vigore. «Ingiustificato» e – come ha scritto il costituzionalista Cassese su «Il Tempo» – è solo uno spreco d’intelligenza, ma può «far dubitare». Perché se è vero che «chi tace acconsente», non intervenire a difenderlo lascia nei cittadini – che nei suoi confronti ripongono la massima fiducia – il dubbio che qualcosa che non vada possa anche esserci. Pure se non c’è.

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Il vero timore: separazione delle carriere

La verità è che nel parere non vincolante e privo di conseguenze del documento, più che uno dei soliti e generici richiami al rispetto della Costituzione, si stagliano chiaramente: paura e preoccupazione dei magistrati.

Paura della determinazione del governo Meloni di portare a compimento il progetto di riforma della giustizia di cui in questo Paese si parla da decenni e non si riesce a fare per l’opposizione della Magistratura, che ogni volta lo ha fatto abortire ancor prima che arrivasse il giorno del parto, magari anche ricorrendo alle maniere forti nei riguardi di qualche vertice ministeriale; e la preoccupazione che stavolta l’esecutivo di centrodestra possa fare il miracolo. Di questo, infatti, si tratterebbe!

Stavolta non è solo la maggioranza politica che regge il governo ad essere convinta che si può cogliere l’attimo, ma anche i cittadini che continuano a confermargli la fiducia e mostrano di averne sempre di meno per i giudici. Dal che, anche l’eventuale referendum confermativo – nel caso che i «sì» all’approvazione parlamentare non dovessero superare il 75% dei voti richiesto – fa meno paura.

Forse, però, in realtà non è neanche la riforma della giustizia in quanto tale a preoccupare l’Anm, ma ciò che prevede: la separazione delle carriere fra pm inquirenti e magistrati giudicanti con lo sdoppiamento del CSM: uno per i primi e l’altro per i secondi, i cui membri sarebbero sorteggiati e non eletti.

Un freno alle carriere senza meriti

Perché significherebbe togliere potere e influenza sul CSM alle correnti sindacali, mettendo un freno alle carriere senza meriti, ma per clientele. Cosa che, evidentemente, non sembra essere troppo gradita agli ermellini di rosso vestiti.

Il che chiarisce anche perché una relazione – seppur timbrata, bollata e scritta su carta intestata della Cassazione – non vincolante e priva di conseguenze pratiche e soprattutto ispirata da un documento di «Articolo 21», associazione di giornalisti saldamente ancorata a sinistra e contro il governo Meloni, sia finita sulle scrivanie e da qui sulle pagine e sui teleschermi dei media streaming amici e fatta passare per una sorta di «vangelo secondo Cassazione», per screditare l’esecutivo e provare a recuperare la fiducia perduta agli occhi dei cittadini e impedire per l’ennesima volta che la riforma della giustizia divenga realtà.

Errori giudiziari e crisi di credibilità

Ma recuperare non sarà facile. A scorrere il sito «errorigiudiziari.com» non si può certo dire che – dal 1991 al 2024 e anche oggi – con 32mila errori giudiziari (940 all’anno); quasi 32mila innocenti in custodia cautelare; i 32 anni in carcere del sardo Zuncheddu, accusato ingiustamente di triplice omicidio; il caso Garlasco; la giudice del tribunale di Roma, Albano, che ha sospeso l’espulsione del migrante camerunense che minacciò Meloni e la figlia, perché «non ha fatto niente di male»; ed è di appena ieri la notizia del carabiniere che guidava la Gazzella a Corvetto indagato per omicidio stradale come l’amico di Ramy che guidava la moto e non si fermò all’alt dei militari; e i tanti magistrati che «lavorano» per impedire che il protocollo con l’Albania decolli – la nostra magistratura abbia dato il meglio di sé.

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