Strage di Ustica, 45 anni di silenzi: la verità nascosta e il muro di gomma che ancora resiste

Una ferita aperta nella memoria collettiva dell’Italia

Ustica, 27 giugno 1980. Un venerdì sera apparentemente come tanti. Il DC-9 Itavia decolla da Bologna con 81 persone a bordo, destinazione Palermo. Quell’aereo a Palermo non ci arriverà mai. Alle 20:59 l’aereo scompare dai radar, un boato nel cielo tra Ponza e Ustica, poi il silenzio. 81 vite inghiottite dal mare e da un mistero lungo 45 anni. Oggi, 27 giugno 2025, la strage di Ustica è ancora una ferita aperta nella memoria collettiva dell’Italia, una verità sommersa, come i rottami di quel velivolo, raccolti e ricomposti in un hangar a Bologna che somiglia più a un sacrario che a un museo.

La strage di Ustica: una storia scritta nel buio

Il volo IH870 fu abbattuto. Non fu una bomba interna, come qualcuno osò suggerire negli anni. Non fu un guasto. Fu un atto di guerra in tempo di pace, consumato nel silenzio e custodito nel buio. Ma chi sparò quel colpo letale nel cielo di Ustica? Perché? E soprattutto: perché per 45 anni la verità è rimasta impigliata in una rete di depistaggi?

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Andrea Purgatori lo aveva capito subito. E dedicò tutta la vita a cercare di rispondere a queste domande. Il suo lavoro d’inchiesta ha aperto squarci in un «muro di gomma», un’espressione che lui stesso coniò per raccontare il modo in cui ogni tentativo di verità rimbalzava contro l’omertà istituzionale. La strage di Ustica è diventata il paradigma dell’Italia che non sa dire tutta la verità. O più semplicemente non ha intenzione di dirsela.

Purgatori e l’inchiesta: radar, missili e menzogne di Stato

La ricostruzione di Purgatori, estremamente dettagliata, nel corso degli anni si è rivelata scomoda per più di qualcuno. I dati radar del traffico aereo di quella sera parlano di almeno 2-3 caccia militari non identificati nella zona dove scomparve il DC-9. Il segnale dell’aereo civile fu circondato da «eco radar», anomalie che gli esperti descrissero come tipiche di un intercettamento militare in atto. La tesi che prende sempre più corpo è quella di un missile aria-aria, lanciato forse per colpire un bersaglio diverso – si parlò di Muammar Gheddafi – ma che invece colpì un aereo civile per errore o deliberatamente, nell’ombra di un’operazione segreta.

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Purgatori denunciò: due radaristi dell’Aeronautica scomparvero nel nulla, dopo aver raccontato ciò che videro quella notte. I nastri dei radar militari furono cancellati, i tabulati manipolati. Un sistema di depistaggio strutturato, messo in atto da settori delle forze armate italiane, e, probabilmente, sotto il silenzio complice della NATO e di Paesi alleati come la Francia e gli Stati Uniti.

Una verità affondata e il coraggio della memoria

La Corte di Cassazione nel 2013 affermò che il DC-9 fu abbattuto da un missile. Lo disse chiaramente, indicando la presenza di aerei militari, non identificati e probabilmente stranieri. Ma nessun governo ha mai avuto la forza, o il coraggio, di fare nomi, di pretendere collaborazione internazionale. La verità su Ustica è scritta nelle pieghe della diplomazia.

Andrea Purgatori
Andrea Purgatori

Andrea Purgatori, nel suo ultimo documentario su La7, rilasciato pochi mesi prima della sua scomparsa, ripercorse punto per punto le omissioni, gli insabbiamenti e la solitudine delle famiglie delle vittime. A 45 anni dalla strage, la sua voce è ancora faro per chi vuole capire, per chi rifiuta l’oblio.

Per chi pensa che quei 69 adulti e 12 bambini che stavano semplicemente tornando a casa meritino una risposta. Per chi ritiene che l’infamia dell’omertà umana non possa e non debba prevalere sulla verità.

Le parole del Presidente Mattarella: «Verità necessaria»

Oggi, in occasione del 45° anniversario della strage di Ustica, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha ribadito: «La Repubblica non abbandona la ricerca della verità e sollecita la collaborazione di tutti coloro che, anche fra i Paesi amici, possono aiutarci a rispondere al bisogno di giustizia, che non si dissolve negli anni perché è parte del tessuto stesso della democrazia». Un monito rivolto a chi, dentro e fuori l’Italia, ha ancora nelle mani le chiavi della verità.

Daria Bonfietti invece , presidente dell’associazione dei familiari delle vittime, ha dichiarato: «Siamo arrivati a 45 anni senza sapere l’ultimo pezzo di verità… Chiunque sia al governo deve capire che se non ci riesce la magistratura, ci deve riuscire la politica».

È un grido che chiede giustizia, non vendetta. Che pretende memoria, non commemorazione sterile. La strage di Ustica non è solo una tragedia del passato, è un test attuale sul grado di salute democratica del nostro Paese.

Ustica oggi: la memoria come resistenza

Ustica non è solo il nome di un’isola o il titolo di un documentario. È una parola che racchiude 81 nomi, 81 destini interrotti, e una domanda che pesa ancora come piombo sul cuore dell’Italia.

45 anni dopo, il silenzio delle istituzioni pesa tanto quanto il boato che squarciò il cielo nel 1980. La memoria è l’unico antidoto al muro di gomma. E se la verità non è ancora piena, è nostro dovere avvicinarla. Scriverla. Pretenderla. Perché Ustica è il dolore di un Paese che, per troppo tempo, ha avuto paura della verità. Grazie Andrea.

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