Ex Ilva, il Governo apre il portafogli: altri 200 milioni per salvare il siderurgico

Via libera a investitori privati nella società Dri

Il Governo cerca di arginare la crisi dell’ex Ilva e mette sul piatto altri 200 milioni. Uno stanziamento annunciato al termine di un consiglio dei ministri in cui sono stati affrontati, oltre ad alcuni temi legati al fisco, le soluzioni per le crisi industriali ‘significative’ e tra queste i nodi appunto del siderurgico più grande d’Europa. Per scioglierli bisognava fornire nuova liquidità e risorse necessarie a coprire costi crescenti legati al drastico calo della produzione dopo l’incendio che ha fermato l’altoforno 1 di Taranto.

Nel decreto è contenuta anche una norma che consente l’ingresso di altri investitori privati nella società Dri, con la quale Invitalia partecipa al controllo della società, per rafforzarne il capitale (ora pari ad un miliardo di euro) per gestire le opere con la società privata che acquisterà la società ex Ilva.

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Viene poi istituito un commissario per la concessione delle autorizzazioni «nel caso di significativi investimenti esteri» e la «possibilità per la regione di utilizzare i residui di bilancio per l’indotto», come ha spiegato il ministro per le imprese ed il made in Italy, Adolfo Urso.

È stata decisa anche la «proroga di quanto già previsto nel primo decreto Ilva: la possibilità per la Regione di utilizzare i residui di bilancio per il supporto all’indotto siderurgico. La norma era già stata inserita su richiesta dalla Regione Puglia nel precedente provvedimento e poi non era stata utilizzata», ha detto Urso spiegando come «la Regione ci ha chiesto di prorogare questa opportunità affinché possa utilizzare in questa fase le risorse a sua disposizione per supportare l’indotto che subisce l’impatto, tra l’altro, della decisione della Procura della Repubblica di sequestrare l’altoforno».

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L’accordo di programma per l’ex Ilva

L’accordo di programma per il siderurgico – ritenuto indispensabile per ottenere la nuova Aia e procedere alla transizione industriale – è ancora in attesa di adesione formale da parte del Comune di Taranto e della Regione Puglia. Ora si attenderà la risposta del nuovo sindaco di centrosinistra Piero Bitetti e della sua amministrazione in merito alle autorizzazioni necessarie per l’eventuale approdo della nave rigassificatrice e la realizzazione del desalinizzatore.

Solo con il via libera degli enti locali, aveva spiegato Urso nei giorni scorsi, si potrà attuare il piano per l’ex Ilva che prevede la decarbonizzazione completa in 12 anni, con tre forni elettrici e un impianto di Dri (preridotto di ferro).

Ex Ilva, AdI chiede di ampliare la proroga della Cigs a 4mila lavoratori

Intanto Acciaierie d’Italia chiede di ampliare la proroga della cigs a 4.050 dipendenti, rispetto alle 3.062 unità ad oggi autorizzate. Lo comunica AdI nell’«Istanza di modifica del programma Cigs» spiegando che «sopravvenute e non prevedibili esigenze impiantistiche determinano la necessità di incrementare il numero complessivo di lavoratori dei siti oggetto dell’istanza».

AdI ricorda il decreto con cui a marzo scorso era stata approvata per tutte le unità operative di Adi Spa in amministrazione straordinaria «la corresponsione del trattamento straordinario di integrazione salariale in favore di un numero massimo di 3062 lavoratori dipendenti» con decorrenza 01.03.2025 per la durata di 12 mesi, prorogabili».

«Allo stato – viene puntualizzato – nello stabilimento jonico per sopravvenute problematiche impiantistiche, alla più risalente fermata dell’altoforno n. 5 (impianto – quest’ultimo – che rappresentava circa il 40% della capacità produttiva dello stabilimento) e dell’altoforno n. 2, si è aggiunta l’interruzione dell’attività dell’Altoforno n.1. Ne consegue che attualmente è in marcia il solo Altoforno n. 4. Ciò sta comportando e comporterà la sensibile riduzione di produzione della ghisa, non compensabile con la marcia di AFO 4».

«La complessiva condizione produttiva illustrata determinerà, nell’unità produttiva di Taranto, una inevitabile riduzione del fabbisogno di risorse umane anche nei reparti a valle del ciclo integrale jonico ad esso connessi, con analogo effetto, a cascata, anche sulle restanti unità produttive della Società».

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