Sul tavolo il nodo della cassa integrazione
Sarebbe di 200 milioni di euro, secondo quanto si apprende, la nuova provvista finanziaria sulla quale il ministero dell’Economia sta ragionando per venire incontro all’ex Ilva, le cui casse hanno bisogno di un’ulteriore iniezione di liquidità per consentire che l’attività produttiva non si fermi.
Si sta studiando la formula attraverso la quale erogare le risorse. Se con un nuovo decreto ad hoc, oppure con un’estensione del prestito ponte che la Commissione Europea ha accordato a luglio dello scorso anno.
L’intervento del governo affronterà anche il nodo della cassa integrazione per continuare a tutelare i lavoratori. Attualmente la cassa nell’ex Ilva coinvolge un massimo di 4.046 dipendenti, di cui 3.538 a Taranto, con un aumento di circa 1.000 addetti rispetto alla fase precedente.
Le risorse già ottenute da Acciaierie d’Italia
Invece sul piano delle risorse Acciaierie ha sinora ottenuto da Ilva in amministrazione straordinaria 300 milioni in due tranche da 150 ciascuna, soldi che Ilva in AS ha prelevato dal patrimonio destinato, costituito anni addietro con il miliardo di euro fatto rientrare in Italia dalla vecchia proprietà Riva per l’intervento della Procura di Milano.
Una delle due tranche, con l’ultimo decreto legge sull’ex Ilva, è stata poi estesa da 150 a 400 milioni, quindi 250 in più. Il prestito ponte del Mef accordato dalla UE è invece di 320 milioni e nei mesi scorsi, con una norma inserita nel decreto Milleproroghe, è stato esteso di altri 100 milioni che sono in fase di erogazione. Il Mimit e gli altri ministeri lavorano intanto alla bozza dell’accordo di programma da sottoscrivere con Regione Puglia ed enti locali, tra cui il Comune di Taranto, che ieri sera ha eletto Piero Bitetti, del centrosinistra, nuovo sindaco.
La richiesta dell’Usb: ambiente e lavoro al centro
Per il sindacato Usb, «è fondamentale mettere al centro dell’eventuale accordo di programma le questioni ambientali e le sacrosante garanzie per i lavoratori, diretti, appalto e Ilva in amministrazione straordinaria». «Abbiamo ribadito – dice Usb – che un accordo di programma non può ridursi a un mero atto tecnico, contenente gli imprescindibili impegni vincolanti sul tema della decarbonizzazione, ma dovrà garantire anche la salvaguardia occupazionale».
La visione di Legambiente: transizione troppo lenta
Secondo Legambiente, «si starebbe lavorando a un accordo di programma per un futuro basato su tre forni elettrici, impianti per il Dri e cattura della CO₂. Il piano prevederebbe una transizione strutturata su dodici anni, con la realizzazione di un forno elettrico ogni quattro anni che utilizzerebbe il preridotto di impianti per il Dri alimentati a gas».
«Si vogliono quindi mantenere in attività per un tempo lunghissimo, quasi biblico, gli impianti del ciclo integrale, figli di una tecnologia inquinante e climalterante che tanti danni ha provocato in passato e che non ha futuro», conclude Legambiente.
L’azienda: «Gasometro in manutenzione, nessuna fuga di gas»
In merito «ad alcune segnalazioni apparse sui social in questi ultimi giorni, riguardanti ipotetiche emissioni odorigene riconducibili ad ‘odori di gas’ e ‘materiale bruciato’ ed erroneamente attribuite all’azienda, si esclude qualsiasi correlazione delle proprie attività con tale fenomeno». Lo precisa Acciaierie d’Italia in as, aggiungendo che «a partire dallo scorso 6 giugno, avendo completato le attività preliminari necessarie a garantire l’accesso sicuro del personale, il gasometro OG2, a servizio dell’acciaieria 2» dello stabilimento di Taranto, «è oggetto di manutenzione con presenza di ditte specializzate».
AdI in as osserva inoltre che «il gas OG, generato dalla conversione della ghisa in acciaio, è costituito da CO, azoto e anidride carbonica, ed è pertanto inodore. Durante l’ultimo weekend vi è stata una netta prevalenza di venti provenienti dai quadranti meridionali, ovvero con prevalenza di direzione, dalla città verso lo stabilimento».
Qualunque evento «percepibile all’esterno dello stabilimento ed attribuibile alle proprie attività, inoltre, sarebbe immediatamente segnalato agli enti competenti – chiarisce l’azienda – attivando la ‘fase di attenzione’ disciplinata dal piano di emergenza esterno. Si riporta, infine, che presso la postazione di monitoraggio di via Orsini non si sono notate variazioni degli andamenti di H2S e ossidi di zolfo che sono composti odorigeni che potrebbero essere associati ad attività dello stabilimento».