A pesare le contraddizioni degli ex collaboratori di giustizia
Vacilla, o peggio, l’impianto dell’accusa contro gli indagati accusati dell’omicidio di Angelo Vassallo, il sindaco-pescatore di Pollica. A distanza di oltre sei mesi dall’arresto torna infatti in libertà il colonello dei carabinieri Fabio Cagnazzo, coinvolto nell’inchiesta della Procura di Salerno sul delitto avvenuto ad Acciaroli il 5 settembre 2010. E, insieme all’ufficiale dell’Arma – che appena uscito dal carcere si è detto «frastornato, ma felice» – anche i suoi presunti complici.
Il tribunale del Riesame ha infatti annullato l’ordinanza con cui erano stati disposti gli arresti per Cagnazzo, per l’imprenditore Giuseppe Cipriano e per l’ex carabiniere Lazzaro Cioffi, che però rimane in carcere in quanto sta scontando un residuo di pena per altre condanne. Un quarto arrestato, l’ex collaboratore di giustizia Romolo Ridosso, non aveva fatto ricorso.
Secondo quanto ipotizzato dagli inquirenti i quattro, ricoprendo vari ruoli, ma non quello di esecutori materiali, avrebbero preso parte all’organizzazione dell’omicidio di Vassallo, anche attraverso sopralluoghi, e poi al depistaggio delle indagini, un ruolo in cui sarebbe stato coinvolto in particolare Cagnazzo.
Cassazione critica l’impianto accusatorio
A bocciare l’indagine è stata, lo scorso aprile, la Corte di Cassazione, che ha disposto l’annullamento degli arresti decisi dal gip del tribunale di Salerno e poi confermati dal tribunale del Riesame nei confronti di Cagnazzo, Cipriano e Cioffi, rinviando a un nuovo giudizio davanti al Riesame: a pesare sono state soprattutto le contraddizioni nelle quali sono caduti gli ex collaboratori di giustizia, la cui attendibilità è stata messa in discussione dagli ‘ermellini’, oltre ad alcune lacune individuate nell’inchiesta e nelle motivazioni degli arresti.
Il 13 febbraio scorso la procura di Salerno aveva notificato l’avviso di conclusione delle indagini a otto indagati: ora si tratta di capire quali saranno le prossime mosse degli inquirenti, per i quali Vassallo sarebbe stato assassinato perché stava per denunciare un traffico di droga che nel 2010 stava prendendo piede a Pollica, il comune cilentano di cui era primo cittadino. Una tesi sempre respinta dagli indagati.
Solidarietà a Cagnazzo sui social
Cagnazzo, fino a ieri detenuto nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere, è un ufficiale molto noto. Appena si è saputo della sua scarcerazione, la sua pagina Facebook è stata inondata di messaggi di solidarietà e di «bentornato». «Mai dubitato, che grande notizia», scrive Giovanni mentre Giancarlo posta una bottiglia di champagne e scrive «Brindo a te, Comandante». Ed ancora, messaggi come «finalmente giustizia sia» e altri come quello di Raffaele che scrive: «Una gioia incontenibile. Riprenditi la tua vita, amico mio».
«Finalmente ce l’abbiamo fatta e siamo pronti a continuare la nostra battaglia per la verità», il commento di Ilaria Criscuolo, l’avvocata di Cagnazzo, che era fuori dal carcere ad aspettarlo, insieme ai familiari dell’ufficiale, alla figlia e agli amici più stretti. A tutti Cagnazzo è apparso provato da questi sei mesi di detenzione.
Secondo l’avvocato Giovanni Annunziata, che difende Giuseppe Cipriano, quello di oggi «è stato un passaggio obbligato per il Riesame, che forse avrebbe potuto e dovuto fare queste valutazioni già con la prima ordinanza. D’altronde, come si legge anche nella sentenza di annullamento della Corte di Cassazione, l’esito sarebbe stato questo se solo si fossero ascoltate e prese in debita considerazione le indagini difensive e tutta la ricostruzione offerta nella attività difensiva». «La Cassazione ha annullato l’ordinanza per mancanza di gravi indizi di colpevolezza – ricorda il legale – e a questo punto appare evidente che l’ipotesi accusatoria è fortemente depotenziata».