Ex Ilva, continua il braccio di ferro. Urso: «Rafforzare produzione siderurgica green»

Proseguono le trattative con Baku Steel

Il braccio di ferro sull’ex Ilva va avanti. Le negoziazioni con gli azeri «continuano», afferma il ministro delle Imprese Adolfo Urso, ma tenendo conto della nuova realtà mentre cresce il pressing da più parti per trovare una soluzione, in un senso o nell’altro.

Uno degli appelli è quello del presidente di Confindustria, Emanuele Orsini, per cui sarebbe una «pazzia» perdere «un’impresa e un’industria così importante per essere competitivi» e «acquistare l’acciaio in altri continenti». Fim, Fiom, Uilm passano ai fatti e proclamano 4 ore di sciopero nazionale in tutti gli stabilimenti per chiedere al governo «azioni immediate» Fim, Fiom, Uilm, di fronte all’«insostenibile clima di incertezza».

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Le trattative con Baku Steel

Nelle ultime settimane si è temuto che le trattative con Baku Steel andassero in fumo insieme all’altoforno 1. Prima l’incidente, appunto. Poi, l’ulteriore richiesta di cassa integrazione, nella logica – ribadita da Urso – di «metà produzione, metà occupazione». Infine, l’annullamento da parte del Consiglio di Stato della gara per la realizzazione di un impianto per produrre il cosiddetto preridotto, una sorta di acciaio green. Il titolare di Palazzo Piacentini sostiene però che il dialogo con gli azeri prosegue, ma ora toccherà «adattare il piano industriale a ciò che è accaduto».

Quanto alla condizione della fabbrica, «dobbiamo prendere atto del fatto che non è stato possibile realizzare in tempo congruo gli interventi per la salvaguardia dell’impianto – ha detto – sono passati ormai 12 giorni e alcune di quelle autorizzazioni non sono state ancora concesse».

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La produzione di acciaio

«È assolutamente fondamentale che l’Italia preservi e rafforzi la produzione siderurgica per supportare il sistema industriale del nostro Paese, tanto più alla luce dei contesti politici in cui siamo costretti a vivere, con la guerra che circonda l’Europa sul fronte orientale ma anche nella sponda Sud del Mediterraneo con conflitti che si propagano» ha affermato ancora il ministro.

Per Urso «è importante che l’Italia possa completare quel progetto che ho illustrato all’inizio della legislatura per una produzione siderurgica che nel tempo possa diventare completamente green. Ne ho parlato al tavolo Taranto che ho convocato con tante imprese al ministero. Il nostro obiettivo è chiaro fin dall’inizio: fare della produzione siderurgica italiana e quindi dell’Italia, il primo attore, il più avanzato nella produzione di acciaio green in Europa e nel mondo»

La lettera

Il movimento Giustizia per Taranto, nel mentre, ha scritto una lettera a Baku Steel, ai cinesi di Baosteel e a Jindal per avvertirli del fatto della pericolosità degli impianti sia «per chi lavora all’interno che per chi vive all’esterno». Un invito a recedere dall’acquisto dell’ex Ilva che tocca anche il nervo economico: «l’acciaieria genera solo perdite», avvertono gli attivisti.

I progetti per Taranto

Urso, intanto, ha annunciato che sarà presto convocato un tavolo con le imprese dell’indotto, mentre domani resta fissato quello con i sindacati a Palazzo Chigi. A fronte della critica situazione dei lavoratori (secondo alcune sigle sindacali la cig in alcuni reparti toccherà il 70% dei dipendenti), Urso ha presieduto un tavolo su Taranto.

Davanti a rappresentanti istituzionali e delle aziende – inclusi quelli di Fincantieri, Toto Holding-Renexia e Webuild – ha discusso del futuro industriale del territorio. Ne sono emersi 15 progetti che vanno dalla carpenteria metallica ai cantieri navali per yacht, passando da eolico, solare, data center e la più grande infrastruttura di calcolo AI in Europa. Il tutto per un «potenziale occupazionale di oltre 5mila addetti» che potrebbe in parte compensare l’ulteriore crisi. Ma che ovviamente richiederebbe una riflessione sulle competenze necessarie per le nuove professioni.

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