Le motivazioni sul no alla legge della Campania
Il divieto di un terzo mandato consecutivo per il presidente della Giunta regionale rappresenta un «principio fondamentale della materia elettorale» sancito dall’articolo 122, primo comma, della Costituzione. Lo afferma la Consulta nelle motivazioni della sentenza con cui lo scorso 9 aprile ha dichiarato incostituzionale la legge della Regione Campania, fissando lo stop alla ricandidatura a governatore del presidente Vincenzo De Luca.
Il bilanciamento tra elezione diretta e limiti normativi
Nell’atto, la Corte Costituzionale aggiunge che il divieto imposto dallo Stato «costituisce l’espressione di una scelta discrezionale del legislatore volta a bilanciare contrapposti principi e a fungere da ‘temperamento di sistema’ rispetto all’elezione diretta del vertice monocratico, cui fa da ‘ponderato contraltare’» e «né il divieto posto dal legislatore statale può considerarsi costituzionalmente illegittimo perché attinente alla forma di governo, rimessa dall’articolo 123, primo comma, della Costituzione all’autonomia statutaria delle regioni ordinarie».
Un principio immediatamente applicabile
Sul punto i giudici aggiungono che il divieto, per le regioni a statuto ordinario, è subito operativo e per essere applicato non necessita di alcuna apposita normativa delle singole regioni, perché si tratta di una previsione in materia di elettorato passivo di competenza del legislatore statale. «La nozione di forma di governo – afferma la Consulta – è ristretta alla immediata definizione dei rapporti tra gli organi politici della regione, dalla quale esula la materia elettorale in senso lato, ricomprensiva del regime delle limitazioni al diritto di elettorato passivo».
Il caso Campania e l’efficacia del divieto
Per i giudici, in via generale, «l’obbligatorietà di un principio fondamentale e la sua applicazione non possono essere condizionate dal suo espresso recepimento da parte delle leggi regionali». Sempre in via generale «anche a norme che hanno un contenuto specifico e puntuale può essere riconosciuta la natura di principio fondamentale». In sostanza il divieto del mandato ha questa «natura» perché «come è generalmente proprio di tutti i divieti, esprime un precetto in sé specifico, che per essere applicabile non necessita di alcuna integrazione da parte del legislatore regionale, al quale, pur tuttavia, restano degli spazi ‘interstiziali’ di regolazione».
Tuttavia «è stato lo stesso legislatore statale – prosegue la Corte – ad avere ancorato l’applicazione del principio alla legislazione regionale che in qualche modo si colleghi all’elezione diretta del Presidente della Giunta regionale: le regioni ordinarie intervenute, quindi, in materia elettorale dopo l’entrata in vigore della legge numero 165 del 2004 non possono, a pena di illegittimità costituzionale, violare il principio in esame, che è ormai parte integrante dei rispettivi ordinamenti».
Per quanto riguarda il caso Campania il divieto «è divenuto operativo con l’entrata in vigore della legge della Regione numero 4 del 2009, ossia con la legge elettorale, la quale non solo non reca alcuna disposizione che a esso illegittimamente deroghi, ma contiene un rinvio, ‘in quanto compatibili con la presente legge, le altre disposizioni statali o regionali, anche di natura regolamentare, vigenti in materia’».