Almasri, lo scontro si sposta sulla Cpi: spunta un’indagine. L’Aja: solo una comunicazione

Tajani: «Aprire un’inchiesta sulla Corte penale»

La vicenda Almasri è tutt’altro che chiusa. Il giorno dopo l’informativa dei ministri e la bagarre in Parlamento, stavolta lo scontro si consuma tra il governo italiano e la Corte penale internazionale: la nuova miccia è una comunicazione giunta via mail ai magistrati dell’Aja, di cui dà notizia ‘Avvenire’. In questa comunicazione a puntare il dito contro Meloni, Nordio e Piantedosi è un cittadino sudanese, vittima assieme alla moglie delle torture del comandante libico. Secondo la segnalazione, non consegnando Almasri alla Cpi la premier e i ministri «hanno abusato dei loro poteri esecutivi per disobbedire ai loro obblighi internazionali e nazionali».

La missiva è stata protocollata dalla Corte e lo stesso quotidiano cattolico – mostrando un’immagine parziale di un documento che reca un numero seriale – fa riferimento all’«apertura di un fascicolo all’Aja».

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La smentita del governo

Secca la smentita che arriva attraverso fonti del governo: «Non esiste ad oggi nessun procedimento aperto contro l’Italia dalla Corte penale internazionale. Il procuratore, spiegano le stesse fonti, non ha ufficialmente inviato la denuncia del cittadino sudanese né al cancelliere né ai giudici. Il rifugiato sudanese, viene spiegato ancora, ha inviato una mail all’indirizzo mail dedicato dell’ufficio del procuratore. Le comunicazioni sono moltissime, ognuna viene vagliata e solo se ritenuta fondata può originare un procedimento, che richiede mesi. Il tutto viene di solito tenuto riservato, salvo che lo stesso denunciante non lo riveli al pubblico».

La stessa Cpi, attraverso un suo portavoce, tenta comunque un chiarimento: «Secondo lo Statuto di Roma, ovvero il trattato istitutivo del tribunale internazionale, qualsiasi individuo o gruppo di qualsiasi parte del mondo può inviare informazioni al procuratore della Corte»: si tratta di «comunicazioni», che «l’ufficio del procuratore non commenta». E il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa, dopo aver incontrato il presidente della Cpi Tomoko Akane sottolinea «l’indipendenza e l’imparzialità della Corte».

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Le reazioni del governo italiano

A caldo erano intanto già arrivate le dure parole del vice premier e ministro degli Esteri Antonio Tajani: «Forse bisogna aprire un’inchiesta sulla Corte penale, bisogna avere chiarimenti su come si è comportata. Comunque confermo, l’atto inviato all’Italia era nullo, condivido al cento per cento quello che ha detto il ministro Nordio».

Non a caso il ministero della Giustizia ha già allo studio un documento con cui potrebbe già a breve formalizzare ai giudici dell’Aja una richiesta di spiegazioni sulle incongruenze nelle procedure attivate per il mandato di arresto del generale libico. Più ironico era stato il Guardasigilli che aveva commentato: «Credo che a questo mondo tutti indaghino un po’ su tutto. Noi abbiamo fiducia nella giustizia umana. Postulo la giustizia divina proprio perché la giustizia umana spesso è fallibile, ma accontentiamoci di quella che abbiamo e vediamo come va».

Nordio si è anche detto «dispiaciuto» per il fatto che un criminale come Almasri non sia stato giudicato a causa della violazione di una regola formale, ma «l’idea che un torturatore debba essere punito in quanto tale indipendentemente dal rispetto delle regole significa delegittimare la stessa esistenza dei tribunali internazionali».

M5S e SI strumentalizzano: pronti a portare il caso in Ue

Anche l’opposizione non resta ai margini della bufera ed è pronta a scendere nuovamente in campo, stavolta all’Eurocamera. Il Parlamento dell’Unione ha inserito in calendario, per martedì undici febbraio a Strasburgo, un dibattito sulla «protezione del sistema di giustizia internazionale e le sue istituzioni, in particolare la Corte penale internazionale e la Corte internazionale di giustizia»: Movimento Cinque Stelle e Sinistra Italiana promettono di usarlo per portare in Europa il caso del generale libico rilasciato.

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