Gestiva il clan dal carcere: nuovo arresto per il boss Oscar Pecorelli

Misura anche per la moglie e il figlio

Avrebbe continuato a comandare dal carcere Oscar Pecorelli, 45 anni, ritenuto a capo del clan Lo Russo, detenuto dal 2010 in quanto condannato all’ergastolo per omicidio premeditato.

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A lui, alla moglie, Mariangela Carrozza, 43 anni, e al figlio della coppia, Rosario Pecorelli, da qualche giorno 19enne, sono stati notificati, rispettivamente, due arresti in carcere e uno ai domiciliari per i reati, contestati a vario titolo dalla Procura di Napoli (pm Maria Sepe, procuratore aggiunto Sergio Amato) di associazione armata di stampo mafioso, riciclaggio, autoriciclaggio, trasferimento fraudolento di valori, estorsione e usura aggravate dal metodo mafioso, frode fiscale e accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti.

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L’ordinanza è stata notificata dal nucleo di polizia economico-finanziaria della guardia di finanza di Napoli e dal nucleo investigativo centrale di Roma della polizia penitenziaria, in collaborazione con il servizio centrale investigazione criminalità organizzata. Contestualmente, si stanno eseguendo una serie di perquisizioni nelle province di Napoli e Caserta, e in altre località del territorio nazionale.

La tesi investigativa

Pecorelli per tenersi in contatto con il clan avrebbe utilizzato in carcere dei cellulari clandestini, messaggi WhatsApp e mail. Inoltre, avvalendosi della moglie e del figlio, avrebbe continuato a dirigere attività di riciclaggio e di usura, impartendo direttive ai propri familiari e sodali per riscuotere i proventi di attività estorsive. La notevole disponibilità di denaro contante avrebbe spinto la famiglia di Pecorelli a dedicarsi all’usura.

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E quando c’erano problemi di restituzione, le vittime sarebbero state minacciate e intimidite. I proventi sarebbero stati destinati all’acquisto di orologi di lusso (il cui valore è risultato enormemente sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati) finanche all’estero, in particolare a Dubai, con pagamenti in criptovaluta.

La famiglia del boss, secondo gli investigatori, per sfuggire ai controlli, aveva intestato a prestanome immobili e imprese di calzature, cuoio, pellame, di lavanderia e di trasporto su gomma. Secondo gli inquirenti le società, inoltre, frodavano il fisco utilizzando usando fatture false, secondo le indagini emesse per circa 10 milioni di euro. Lo scorso giugno ai Pecorelli sono stati sequestrati 8 immobili, 12 lotti di terreno, 5 complessi aziendali, 2 autovetture, 1 ciclomotore, 20 orologi di lusso, 90 rapporti finanziari e circa 400 mila euro in contanti per un valore complessivo di oltre 8 milioni di euro

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