Le dichiarazioni di Luca Menna: «Dopo la notizia che Carmine Cerrato si era pentito ci chiesero di ammazzargli le sorelle per ritorsione»
«Discutemmo a lungo e alla fine decidemmo che la cosa migliore per noi era di collaborare con la giustizia. Questa decisione la prendemmo perché non volevamo uccidere le sorelle di Carmine Cerrato, detto ‘a recchia, né volevamo essere coinvolti in una nuova guerra dato che sino ad allora eravamo stati usati dai clan e i vertici avevano beneficiato economicamente del nostro contributo criminale». Fu questo il motivo che spinse Biagio Esposito e i suoi due cognati Luca Menna e Luigi Secondo a lasciare gli Amato-Pagano e a passare dalla parte dello Stato.
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È stato lo stesso Menna, in uno dei suoi verbali, a ricostruire i motivi della scelta. Una decisione presa dopo che un altro suo cognato, Carmine Cerrato, aveva deciso di passare dalla parte dello Stato. Una notizia che esplose come una bomba nel covo di Melito dove si riunivano i vertici del clan. Un episodio che Menna ha ricordato con chiarezza dinanzi agli inquirenti.
«Fu la moglie di Secondo a darci la notizia… quando chiamò la sorella, moglie di Cerrato, questa le disse che non si sarebbero più potute sentire perché era sotto protezione. Avuta questa notizia la moglie di Secondo la riferì al marito che chiamo subito mio fratello per informarmi… Io mi trovavo in un’abitazione di Melito dove si riunivano i vertici del clan…»
«Eravamo presenti, oltre me, mio cognato Biagio Esposito, che all’epoca gestiva l’organizzazione, Mariano, genero di Cesare Pagano, Giacomo Migliaccio, Giosuè Belgiorno, Antonino D’Andò, Stanchi Raffaele e altri… Una volta entrato nella stanza mio fratello si avvicinò a Biagio Esposito e gli parlò nell’orecchio… Biagio, che stava giocando carte, le lasciò cadere esclamando “non è possibile”… quindi chiama da parte me, Mariano, D’Andò e Carmine Cerrato ‘Takendò’ e ci disse che ‘a recchia aveva cominciato a collaborare».
Gli incontri
La notizia mise in subbuglio l’intero cartello criminale e il covo di Melito, nel giro di qualche ora, diventa meta delle delegazioni degli altri sottogruppi. Tra questi i Marino delle Case Celesti che, secondo Menna, erano quelli più risoluti a usare le maniere forti. «Vennero Roberto Manganiello e Ciro Nocerino che chiesero di parlare con Biagio e gli altri capi. Ci dissero che bisognava compiere un’azione dissuasiva per impedire che Cerrato continuasse a collaborare e suggerirono di sequestrare le sue sorelle».
Una soluzione cui, però, si oppose Mariano ossia Mario Riccio che disse che ‘loro queste cose non le facevano’. I due, quindi, se ne andarono scontenti di quella risposta. La sera stessa, quando tornai nelle Case Celesti fui avvicinato di nuovo da Manganiello e Nocerino che mi chiesero di incontrare, stesso quella sera, Biagio Esposito, e nel chiedermi ciò esprimevano parole di offesa e disappunto nei confronti dell’attuale gestione del clan da parte sia di Cesare Pagano che dello stesso Mariano. Quindi mi dissero che lo avrebbero avuto piacere di stare solo con mio cognato Biagio e che dello stesso parare erano anche Arcangelo Abete, all’epoca ai domiciliari a Milano, e gli Abbinante, in particolar modo Arcangelo Abbinante».
Affermazioni che avrebbero convinto Menna che i due, insieme agli altri boss, meditavano una nuova ‘scissione’. Dello stesso parare fu Esposito al quale, durante l’incontro fu ribadito, anche se in termini meno perentori, l’intenzione di staccarsi da Raffaele Amato e Cesare Pagano. Non solo. Al ras fu anche chiesto di entrare a far parte della nuova ‘scissione’.
La decisione
Esposito, intuendo che questo avrebbe innescato una nuova faida, decise di prendere tempo. In realtà, il ras, compreso di trovarsi tra l’incudine e il martello, incontrò Menna e Secondo per consultarsi su cosa fare. Alla fine, per come ricordato dallo stesso Menna, la soluzione più ovvia per evitare di rimanere coinvolti nella guerra che andava a profilarsi era quella di seguire l’esempio di Cerrato e collaborare con la giustizia.