Racket e spaccio, rischio scontro a Portici

Nuove tensioni tra i Mazzarella e i Vollaro per la gestione delle attività illecite

Prima gli arresti dei boss, poi alcune scarcerazioni eccellenti. Basta questo a far cambiare un assetto criminale su un territorio. E a generare nuove tensioni. Nella zona di Portici starebbe succedendo proprio questo. Nel corso degli ultimi mesi sono stati registrati vari episodi che hanno fatto salire l’asticella della tensione, soprattutto nella zona al confine con San Giorgio a Cremano.

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In un caso, lo scorso settembre, da una lite sarebbe scaturito un vero e proprio agguato, un raid finito senza vittime solo per un caso fortuito. Gli spari esplosi davanti a un locale, vicino a dove si stava svolgendo una festa di bambini, sfiorarono solamente i numerosi passanti di via San Cristoforo. Anche se si parlò di due feriti, mai refertati in ospedale. Dietro quell’incursione non c’era una semplice lite degenerata, ma questioni di territorialità legate allo spaccio di droga. Da una parte i Mazzarella, dall’altra i Vollaro. O quel che ne resta.

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La colonizzazione della cosca di San Giovanni a Teduccio, attraverso i Luongo-D’Amico, era partita dalla gestione del business delle slot machines, che si è poi trasformata in nuova creazione di piazze di spaccio e di pressione estorsiva nei confronti di commercianti e imprese edili. La città ha vissuto fasi alterne. Dopo bombe e agguati, si starebbe vivendo un periodo di pax mafiosa o, quanto meno, un periodo di pausa rispetto alla tensione criminale che si è respirata in passato. Sul tavolo ci sarebbe un accordo fatto tra i Vollaro e i Luongo-D’Amico per la spartizione degli affari illeciti, in particolare il racket.

I Vollaro sono finiti? No, secondo alcune informative delle forze dell’ordine, ma sarebbero stati in un certo senso commissariati. Si tratta di un clan che ha una storia criminale lunga circa quarant’anni, uno dei più longevi della camorra. Le decine di ordinanze e gli scontri interni non sono riusciti a comprometterne l’esistenza.

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L’ago della bilancia

Umberto Luongo era l’ago della bilancia degli assetti camorristici tra San Giorgio e Portici. «Mi avete arrestato e ora succederà di tutto». Queste le parole che avrebbe pronunciato il giorno in cui è finito in manette. Il ras finì in cella dopo la testimonianza di Umberto D’Amico ’o Lione, di cui era il braccio destro, relativa all’omicidio di Luigi Mignano, cognato di Ciro Rinaldi.

Quello che, nell’immaginario collettivo è stato ribattezzato come il delitto dello zainetto. Perché sul posto fu trovato uno zainetto di Spiderman da bambino, quello del nipotino di Mignano che vide il nonno morire sotto i suoi occhi. Il 57enne cadde sotto i colpi di un commando nel rione Villa. Un agguato studiato per settimane, di cui proprio D’Amico era il mandante.

A Luongo era stata demandata la gestione del clan di via Taverna del Ferro nel territorio di San Giorgio a Cremano. E non solo. Il ras aveva messo le mani anche su Portici, feudo storico del clan Vollaro. Con i vertici dietro le sbarre, Umberto si era imposto con i suoi uomini nella città della Reggia, approfittando del vuoto di potere criminale. Perché a Portici i Vollaro ormai erano solo un nome, ma di fatto l’organizzazione era caduta nel caos. Il suo arresto è stato una sorta di spartiacque che ha designato l’inizio di una nuova fase di tensioni nel Vesuviano.

L’attenzione resta alta. Intanto gli investigatori stanno cercando di ricostruire una mappa con i nuovi punti vendita di droga nella zona. Basta fare due passi a sera tarda, imboccare la strada del mercato da via Diaz, per poi portarsi nelle viscere della Portici vecchia, fino allo slargo che si apre in via Arlotta e ha come sfondo il mercato coperto. Lì si vende. È una delle piazze che funzionano a Portici, ma non è la sola. Poco più giù, continuando verso il mare, ci si imbatte in via Roma. Ecco, lì ci sono altri piccoli punti vendita come al Granatello o, nella vicina Ercolano, in prossimità di corso Resina.

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