Truffavano anziani e persone vulnerabili: 4 persone arrestate

di Virginia Iadonisi

Le basi operative a Napoli e Milano

Una banda dedita alle truffe agli anziani nel Nord Italia con basi operative a Napoli e Milano, che prendeva di mira anche persone particolarmente vulnerabili. Quattro le persone, tutte di nazionalità italiana e di età compresa tra i 30 e i 61 anni, arrestate dai carabinieri del comando di Monza Brianza nelle province di Milano e Napoli, in esecuzione di un’ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere emessa dal gip del Tribunale di Monza. Nel corso dell’operazione, su delega del pubblico ministero, sono state anche eseguite perquisizioni personali e locali a carico dei medesimi indagati.

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Le indagini, dirette dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Monza, sono partite da due denunce di persone che abitano a Vimercate e a Seregno, e si sono sviluppate per alcuni mesi attraverso l’analisi dei tabulati telefonici, intercettazione delle utenze telefoniche in uso agli indagati, servizi di osservazione e pedinamento, acquisizione di registrazione video, accertamenti patrimoniali e analisi dei dati acquisiti. Grazie ai pedinamenti, è stato possibile anche intervenire nell’immediatezza dei fatti, controllare e perquisire gli indagati e recuperare il provento (contanti e oggetti preziosi), rinvenuto nella loro disponibilità: in questi casi si è trattato di truffe appena consumate, il cui maltolto è stato restituito alle vittime.

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Gli episodi

Gli episodi oggetto d’indagine si sono verificati, oltre che nel territorio brianzolo, in altre località lombarde (Cantù, Voghera e Crema) e Piemonte (Alessandria e Novara). Collaudato il modus operandi, che prevedeva un primo contatto telefonico con la vittima da parte di un sedicente carabiniere o avvocato, il quale riferiva di chiamare per un congiunto in impellente necessità di denaro (somme comprese di massima tra i 3.000 e i 12.000 euro) per rimediare a una disavventura (arresto a seguito di un sinistro stradale o guida senza assicurazione) in realtà mai avvenuta. Una volta carpita la fiducia dell’interlocutore, questi veniva raggiunto da un emissario (che si fingeva in genere dipendente dello studio legale) al quale consegnava la somma richiesta.

La banda

Otto i capi di imputazione contestati agli arrestati, dall’associazione per delinquere finalizzata alla truffa al concorso in truffa aggravata. La banda non solo aveva un’organizzazione che stabiliva compiti e ruoli, ma poteva contare anche su basi logistiche operative, una delle quali in un appartamento nei pressi della Stazione Centrale di Milano, utenze telefoniche e veicoli a noleggio per gli spostamenti.

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A capo della banda, un 41enne residente a Napoli («il centralinista») che pianificava i colpi, organizzava il lavoro nei minimi particolari, procacciava le schede telefoniche con intestatari fittizi e i telefoni «usa e getta», selezionava e contattava le vittime, coordinava e dirigeva l’azione dei complici che si presentavano a casa delle stesse per ritirare il profitto del reato, procurava i mezzi per gli spostamenti in loco e per il trasporto della refurtiva dal luogo del reato a Napoli, copriva le spese e remunerava i partecipanti all’associazione. L’uomo aveva anche creato un punto di riferimento per dirimere controversie o problemi insorti nella commissione delle truffe, arrivando a fornire ai complici contatti di un legale per tutela contro le indagini in corso.

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