Tramortito e bruciato vivo, i conviventi incastrati da un paio di guanti blu

Lo strano ritrovamento di un’arma ha fatto escludere l’ipotesi del sucidio di Domenicantonio Vellega

A incastrare Maddalena Masi e il compagno Francesco Miranda, 39 e 51 anni, accusati dell’omicidio – al momento senza un chiaro movente – dell’ex marito della donna, Domenicantonio Vellega, il cui cadavere carbonizzato venne trovato il 3 marzo 2022 in un’auto data alle fiamme ad Acerra, sono stati i guanti blu: secondo quanto emerso dalle indagini, infatti, alcuni testimoni videro un uomo vestito con abiti scuri che indossava un paio di guanti blu allontanarsi dal luogo dell’incendio.

Guanti dello stesso tipo sono stati ritrovati due giorni dopo l’avvistamento e il ritrovamento del cadavere, in un bidone dell’immondizia, sul balcone dell’abitazione della ex moglie della vittima. Una testimone aveva riferito, in merito alla presenza dei guanti, che la donna li usava per pulire il balcone ma la sera del ritrovamento, quando venne eseguito un sopralluogo in quell’appartamento le condizioni igieniche erano tali da impedire ai carabinieri di utilizzare la tecnica del luminol, proprio per scarsissime condizioni igieniche in cui versava la casa.

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Inoltre i militari dei Reparti Investigazioni Scientifiche hanno anche trovato macchie di sangue di Vellega nell’appartamento dove vivevano Masi e Miranda e dove la vittima era presente fino a una ventina di minuti che la sua Fiat 600 prendesse fuoco.

La pistola e i sedeli dell’auto di Domenicantonio Vellega

Ma i dubbi degli inquirenti sono aumentati anche per altre circorstanze come la pistola che durante la prima perquisizione a casa della vittima non c’era e i sediolini anteriori dell’auto in cui venne trovato il cadavere carbonizzato entrambi reclinati: sono alcuni degli indizi che hanno portato i carabinieri di Castello di Cisterna (Napoli) e la Procura di Nola a ritenere che Domenicantonio Vellega non si fosse suicidato.

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I militari dell’arma, in particolare, non hanno trovato una ragione plausibile che potesse spiegare il motivo per il quale la vittima avrebbe dovuto reclinarli entrambi mentre è sembrato molto più plausibile invece che Vellega fosse stato trasportato da una seconda persona in uno stato di semi incoscienza sul sedile passeggero reclinato nel luogo dove è stato poi trovato e poi riposizionato su quello del lato guida, anche questo reclinato, prima di appiccare le fiamme e simulare un suicidio.

L’intercettazione

Per quanto riguarda la pistola, invece, è stata una telefonata dell’ex moglie a suscitare i dubbi degli investigatori: nel primo accesso dei militari a casa della vittima, l’arma non venne trovata. La donna però era sotto intercettazione ed è stato il tenore delle sue affermazioni (come se fosse a conoscenza, parlando al futuro, che poteva essere ritrovata) a convincere gli investigatori che qualcuno si era introdotto in un secondo momento nell’abitazione di Vellega per nascondere l’arma, poi trovata in un borsello insieme con proiettili, caricatore e cellulare, sistemato in un mobile della cucina. Tutto con l’obiettivo di indurre gli inquirenti a ritenere che la vittima fosse un malvivente.

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