Riforma del Patto di stabilità, Roma pronta al veto: no a penalizzazioni dell’economia italiana

Al centro della discussione anche la ratifica della riforma del Mes

Trattativa finale sulla riforma del Patto di stabilità dove si registrano momenti di complessità e non si esclude, qualora la situazione lo richieda, che i lavori per trovare la quadra possano durare qualche giorno in più del previsto, oltre il vertice Ecofin di questa settimana. Roma comunque lega a doppio filo l’esito della trattativa con qualsiasi valutazione sulla ratifica della riforma del Meccanismo europeo di stabilità. L’Italia, inoltre, è sempre pronta a mettere il veto sulle nuove regole se queste penalizzano l’economia del nostro Paese.

La riforma della governance economica europea è all’esame dei ministri delle Finanze europei oggi e domani. Dopo lo slancio a inizio autunno, il negoziato si è da ultimo fatto molto più complicato, in scia a un nuovo irrigidimento tedesco, anche legato alla crisi di bilancio interna.

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Il lavoro da settimane, del resto, avanza anche sull’asse Berlino-Parigi, portabandiera rispettivamente dei Paesi ‘frugali’ e dei Paesi ad alto deficit: chi chiede il calo di disavanzo e debito pubblico, contro chi chiede flessibilità delle regole e spazio per gli investimenti. Pur con i molti progressi già visti, c’è ancora grande incertezza sull’accordo. Con la cena successiva alla riunione dell’Eurogruppo è previsto un negoziato ad oltranza tra i 27. Venerdì poi si riunirà formalmente l’Ecofin.

La posizione dell’Italia

In tutto questo la posizione dell’Italia è nota: servono regole che sia possibile rispettare, evitare percorsi troppi rigorosi, puntando a una riduzione realistica del debito, proteggendo gli investimenti. All’Eurogruppo, intanto, secondo quanto ha spiegato un alto funzionario europeo, «l’Italia sarà invitata a dare un aggiornamento sullo stato delle cose rispetto alla ratifica del trattato del Meccanismo europeo di stabilità riveduto».

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Dopo il rinvio in Parlamento di quattro mesi, scaduto, «sembra il momento opportuno per il ministro Giorgetti di chiarire come il governo veda la via da seguire e la tempistica per la ratifica del trattato». «E abbastanza chiaro che tutti vogliono sapere che cosa succede ora», ha affermato. L’Italia è l’unico dei Paesi aderenti al Mes a non aver ancora ratificato il trattato Tornando al Patto, secondo quanto trapela, al momento nel negoziato restano le aperture a garanzia degli investimenti, chieste dall’Italia.

Si prevede, in particolare, che in via transitoria per l’estensione dei piani di spesa da 4 a 7 anni siano sufficienti gli impegni presi sui Pnrr, e che per due anni i progetti legati a Pnrr e il cofinanziamento nazionale dei fondi Ue siano considerati per deroghe sulla linearità degli aggiustamenti fiscali. Investimenti nella difesa saranno invece considerati «fattori rilevanti» nell’attivazione della procedura per deficit eccessivo.

L’attivazione della procedura per deficit

L’alto debito, di contro, sarà considerato come «cruciale fattore aggravante» nell’attivazione della procedura per deficit. Rispetto alle ‘salvaguardie’ sull’aggiustamento dei conti chieste con forza dai frugali la trattativa si è fatta sempre più ingarbugliata con l’aggiunta via via di paletti.

Ai Paesi con il debito oltre il 90% del Pil come l’Italia si chiede che dopo il rientro entro il 3% del deficit sul Pil scatti un calo del debito dell’1% annuo (0,5% per chi sta tra 60 e 90% del Pil).

In extra-deficit scatterà un aggiustamento annuo primario (senza gli interessi) strutturale pari allo 0,5% del Pil, con molte riserve dei frugali nel negoziato sull’accettare che sia «primario». Si fissano poi nuovi parametri per garantire il margine di resilienza ulteriore dell’1,5% del Pil rispetto al deficit del 3%, da garantire con la traiettoria tecnica della Commissione: il miglioramento nel bilancio strutturale primario dovrà essere, in particolare, pari allo 0,3-0,4% del Pil, che potrà ridursi allo 0,2-0,25% nel caso di un’estensione del periodo di piano.

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