A Napoli Sangiuliano, Tajani e 194 rappresentanti ed esperti Unesco per discutere di tutela del patrimonio culturale

Cultura e non solo. Aspettando il «Cultural Heritage in the 21st century»

Cultura e Sport per aiutare lo sviluppo di Napoli e del Sud. Da lunedì a mercoledì prossimi nella Capitale del Mezzogiorno, si svolgerà il «Cultural Heritage in the 21st century». Appuntamento fortemente voluto dal ministro della Cultura, Sangiuliano e da quello degli Affari Esteri, Tajani. Per tre giorni Napoli ospiterà delegati da tutto il mondo, molti ministri della cultura.

«Napoli – ha detto il ministro Sangiuliano – è già una grande capitale culturale mondiale e questa sarà una ulteriore vetrina per affermare la sua bellezza, quando si discuterà di grandi temi universali legati alla cultura. Ringrazio il sindaco di Napoli, Gaetano Manfredi, per la stretta collaborazione nella realizzazione di questo evento».

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Per l’occasione arriveranno a Napoli rappresentanti ed esperti dei 194 Stati membri Unesco per elaborare risposte comuni alle nuove sfide poste al patrimonio materiale e immateriale dell’umanità. Sarà una conferenza itinerante per consentire agli ospiti internazionali l’opportunità di visitare e godersi alcune fra le principali testimonianze della grande storia e dell’immensa cultura partenopea a cominciare dal il Maschio Angioino e Palazzo Reale.

L’iniziativa organizzata dal governo italiano per tramite del Ministero degli affari Esteri e della cooperazione internazionale e del Ministero della Cultura di concerto con l’Unesco, avviene in occasione della celebrazione per il 50° anniversario della Convenzione sul Patrimonio Mondiale e della ricorrenza del ventennale della Convenzione sul Patrimonio Immateriale.

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«L’Italia ha molto da dire al riguardo se non altro perché – ha detto Sangiuliano – è tra le prime nazioni al mondo ad aver posto tra i principi fondamentali della propria Costituzione la tutela del patrimonio culturale». Un’opportunità da non perdere per dare un ulteriore contributo alla crescita d’immagine e di credibilità dell’Italia che in un anno sembra aver fatto giganteschi passi in avanti, rispetto a qualche anno addietro.

Nel 2026 sarà Napoli la capitale europea dello Sport

Il 7 dicembre prossimo il Parlamento Europeo – su designazione dell’Aces AEurope – Federazione delle Capitali e delle Città Europee dello Sport – investirà ufficialmente Napoli del titolo di «Capitale Europea dello Sport 2026».

Anche questo un risultato di grande prestigio per la capitale del Mezzogiorno che, oltre all’immagine, potrà trarne grandi vantaggi in termini di investimenti, turismo e di risorse rivenienti dall’indotto dei grandi eventi sportivi nazionali e internazionali di grande rilievo che bisognerà organizzare per solennizzare in misura adeguata al grande riconoscimento ottenuto per merito del lavoro svolto dal primo cittadino e dall’amministrazione comunale, ma anche per l’ormai riconosciuta credibilità internazionale dell’Italia acquisita dal governo Meloni.

«Siamo molto felici – ha detto il presidente del Coni Malagò – Napoli ha presentato un bellissimo e suggestivo dossier. Complimenti alla città e al sindaco Manfredi». Un’occasione, insomma, di grande rilievo per dimostrare le immense potenzialità sportive, culturali, storiche e umane di cui è dotata. Cerchiamo di non vanificarla, sprecando altre risorse, com’è successo, in occasione delle Universiadi 2019.

Lo sceriffo De Luca non ne parla, ma i campani sanno benissimo come in meno di quattro anni – forse anche meno – gli impianti realizzati e quelli ristrutturati per l’occasione (un esempio per tutti, lo Stadio Giraud di Torre Annunziata) sono diventati inutilizzabili. Ma nonostante, i fallimenti e l’incapacità a fare – quando non a farlo addirittura male – ciò che da dieci anni continua a promettere certo e a mancare sicuro, cerca di nascondere fallimenti, ritardi e la propria incapacità sparando a zero contro il governo Meloni. Che, a suo dire, «con i tagli sta calpestando e distruggendo il Sud».

E fa sapere che a dispetto del suo partito e della Schlein che hanno deciso di non concedergli l’opportunità del terzo mandato, che «si ricandiderà in eterno». Dio ce ne scansi e liberi. Anzi, liberi i napoletani ogni giorno costretti a fare i conti con i ritardi dell’Eav e della Circumvesuviana, con l’inquinamento del Sarno e, di conseguenza, del mare, le scuole in totale degrado e gli ospedali al collasso che lui cerca di scaricare sul governo centrale. Purtroppo, per lui, i campani, sanno bene con chi prendersela.

«Ho finalmente trovato un appartamento a Napoli a fine dicembre torno a casa». Firmato Beatrice di Borbone

Sudista, ma non filoborbonico. Chi mi conosce e ha letto il mio, «Supersud» quando eravamo primi», prefatto da Marcello Veneziani – pubblicato dalla napoletana «Iuppiter» nell’aprile del 2011 e riproposto, con notevole successo, a puntate settimanali su queste pagine – lo sa.

I molteplici primati patrimonio del Sud che, nel 1861, furono sottratti al Mezzogiorno e offerti in dote ai nuovi padroni «savoiardi» che non ne avevano alcun merito, non erano tutti – anche se nella maggior parte, sì – ascrivibili ai Borbone. Bensì, a tutte le 5 dinastie: Altavilla, Angiò, Aragona, Asburgo e Borbone, che dal 25 dicembre 1130, quando Ruggero II d’Altavilla fu incoronato dall’Antipapa Anacleto II, Re di Sicilia.

Dando vita, così, al Regno omonimo che da quel momento e fino al 1861 – allorché Giuseppe Garibaldi conclusa la spedizione predatoria nell’Italia al di sotto del Garigliano, la «regalò» con tutte le sue ricchezze e tesori d’Arte, alla monarchia savoiarda – avrebbe segnato per ben 730 anni la storia dell’Italia meridionale.

Ma oggi più che mai è arrivato il momento per i meridionali di smetterla di continuare a pensare a «quanto eravamo belli ai tempi dei Borbone» e cominciare a pensare a cosa fare per tornare ad esserlo per il futuro. Per cui sapere che una Borbone doc, la principessa Beatrice ha confidato all’amica e collega Rosa Benigno del «Roma», che «finalmente ha trovato un appartamento e a fine dicembre tornerà a Napoli, città che adora» e «che ha un progetto per i giovani talenti: un sito dove poter esporre le proprie opere e promuovere l’artigianato di valore dell’Italia meridionale». Come a dire, insomma, i «tesori del Sud», non può che fare piacere.

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