La rivelazione choc arriva a quasi cinque anni dalla tragedia
Dal 2010, otto anni prima del disastro, tutti sapevano che il ponte Morandi poteva crollare. Nel corso di una riunione a cui parteciparono l’Ad di Aspi Giovanni Castellucci, il direttore generale Riccardo Mollo, Gilberto Benetton, il collegio sindacale di Atlantia, Gianni Mion – ex Ad della holding dei Benetton Edizione, ex consigliere di amministrazione di Aspi e della sua ex controllante, Atlantia – manager, tecnici e dirigenti di Spea «emerse che il ponte aveva un difetto originario di progettazione e che creava perplessità tra i tecnici sul fatto che potesse restare su».
La rivelazione choc arriva a quasi cinque anni dalla tragedia dalla voce di uno dei partecipanti a quella riunione nell’aula del tribunale di Genova, dove è in corso il processo per il crollo che costò la vita a 43 persone. Una strage che si poteva evitare. E’ Mion a dirlo, spiegando che per quelle criticità emerse nessuno dei presenti alla riunione sollevo obiezioni. Tranne lui.
L’autocertificazione
«Chiesi se ci fosse qualcuno che certificasse la sicurezza e Mollo mi rispose ‘ce la autocertifichiamo’. Nessuno però pensava che sarebbe crollato e ci furono date rassicurazioni. Non dissi nulla, però mi preoccupai. La situazione era semplice: o si chiudeva o te lo certificava un esterno. Non ho fatto nulla, ed è il mio grande rammarico».
Per l’ex amministratore delegato della holding dei Benetton, che «la stabilità dell’opera venisse autocertificata era una c…, una stupidaggine e mi aveva fatto impressione». Però non fece nulla. «Dopo quella riunione avrei dovuto fare casino, ma non l’ho fatto. Forse perché tenevo al mio posto di lavoro. È andata così, nessuno ha fatto nulla e provo dispiacere». Parole che hanno riaperto violentemente la ferita dei familiari delle vittime.
«Una persona con il suo ruolo non poteva stare zitta – commenta con la voce rotta dall’emozione Egle Possetti, la presidente del Comitato ricordo vittime – E’ tutto inaccettabile, non ci sarai mai giustizia. Speriamo solo che qualcuno paghi e sia d’esempio affinché non vi siano più situazioni del genere in Italia». Il problema, secondo Mion, nasce dalla privatizzazione di Autostrade.
Il controllore e il controllato
«Fu fatto un errore da parte di Aspi quando acquistò Spea, la società doveva stare in ambito Anas o del ministero, doveva rimanere pubblica. Il controllore non poteva essere del controllato. Avevo la sensazione che nessuno controllasse nulla. La mia idea è che c’era un collasso del sistema di controllo interno e esterno e del ministero non c’era traccia. La mia opinione, leggendo ciò che emergeva, è che nessuno controllasse nulla». Questo dopo le intercettazioni e il crollo nella galleria Bertè (sulla A26, il 30 dicembre 2019, ndr).
Prima di Mion è stato sentito anche l’attuale amministratore delegato Roberto Tomasi di Aspi, che ha ribadito come dopo il suo arrivo si sia investito di più nelle manutenzioni. Che i controlli non fossero approfonditi è emerso anche dalle sue parole. «Nel 2020, con le ispezioni fatte con le nostre società terze, abbiamo visto un incremento dei coefficenti di rischio anche di oltre il 200% rispetto a quelli rilevati da Spea mentre nel 2019 era del 50%. Il livello di degrado della rete era sostanzialmente peggiore di quanto era emerso da ispezioni di Spea. Sono stati trovati in tutta la rete 27mila difetti, con diverse gradazioni di gravità, non segnalati da Spea, 6mila nelle sole gallerie della Liguria. La ritenemmo poco affidabile».
La fusione con Abertis
Mion ha anche ripercorso l’idea della fusione tra Atlantia e la spagnola Abertis per la gestione della rete autostradale, idea nata nel 2006 che creò dissapori tra lui e l’allora Ad Vito Gamberale e il dg Giovanni Castellucci. «Quella fusione era una mia idea perché noi eravamo molto impreparati. La gestione della rete autostradale – è il racconto di Mion – era troppo difficile, per questo auspicavo un intervento di terzi. Gamberale l’aveva supportata all’inizio poi quando vide la reazione contraria della politica cambiò idea. Da quel momento il mio ruolo divenne marginale. Gilberto Benetton non mi seguiva più, disse che non si doveva fare. Aveva fiducia totale in Castellucci che pensava non avessimo bisogno di soci esteri».
L’esame del pubblico ministero Walter Cotugno si è poi concentrata sulla figura di Castellucci. «Una persona preparatissima – ricorda Mion – Era uno che approfondiva tutto con grande competenza e sagacia. Andava anche nei dettagli. Con Aeroporti di Roma ha fatto un capolavoro. Avevo detto che era un accentratore forsennato? Oggi non sono in grado di rispondere. Lui ha fatto cose eccezionali, per Aeroporti ha stilato anche il protocollo per pulire i vetri e per fare togliere le gomme da masticare». Alla guardia di finanza l’ex manager disse che «hanno fatto i furbi per fare assolvere Castellucci nel processo per la strage di Avellino». «Lo dissi – conclude – perché non era pensabile non sapesse, che non fosse informato».
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