È finito il tempo della manipolazione dell’antimafia di maniera
L’arresto del boss dei boss suscita molte considerazioni facendo leva sul mondo di chi sta a guardare. Eppure in questa vicenda, ancora una volta contraddicendo i retroscenisti non si è avuta alcuna trattativa, lo Stato, vincendo una battaglia, ha fatto la sua doverosa azione di repressione e la politica ha voluto e dovuto riconoscere il merito di quanti negli anni hanno dato corso ad investigazioni e dato luogo al controllo del territorio non sempre con successo.
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La vicenda non è surreale come qualcuno vuole far credere ancora oggi, ossia che un soggetto che per trent’anni sia stato seguito senza riuscire a prenderlo per coperture istituzionali. Perché se fosse così l’impianto del sistema istituzionale italiano dovrebbe ritenersi marcio fino al midollo e per i cittadini non vi sarebbe più alcuna speranza da coltivare.
Ed invece bisogna riconoscere qualcos’altro: Messina Denaro oggi funge da oggetto di esame, da soggetto che con le sue relazioni ha distribuito ricchezza a quanti non lo hanno isolato. Nello spazio della sua «sopravvivenza» si scorge la terra su cui risiede tanta debolezza e moltissima ragionevole vigliaccheria. Su questo piano l’analisi dell’evento scenico dell’arresto ruota tutta su come in questa contrapposizione Stato-Mafia, si possa ancora, per mille ragioni, insinuare disinvoltamente una sorta di trattativa da cui si possa concludere che la mafia sia la somma di più mafie.
Ecco che qui si percepisce la logica di un apparato monolite che diviene momento nevralgico, ispiratore, strategico. Difatti una certa visione egemonica ha portato il Ministero della cultura o il Ministero dell’interno della Repubblica Italiana luogo di coltura di linguaggio soverchiante attraverso finanziamenti a pioggia su cinema ed eventi. Così come la storia insegna che molte strategie passano attraverso luoghi riservati ed ovattati in cui si mischia esercizio di potere e cultura istituzionale zoppicante.
Le letture orientate
Di questi tempi e con gli arresti di Messina Denaro e dei suoi complici si realizza di contro l’ennesima contrapposizione tra chi in buona fede vince la battaglia della legalità e chi invece ancora immagina di potersi impadronire degli apparati per utilizzare gli strumenti del potere per piegare le volontà libere ai loro disegni strategici. Oggi con l’esempio del Procuratore De Lucia e dell’aggiunto Guido possiamo dire che la giurisdizione così operando rassicura tutti.
E chiunque voglia darne letture orientate sappia che è finito il tempo della manipolazione dell’antimafia di maniera e si comincia ad affermare un’idea diversa di Stato in cui nessuna politica possa appropriarsi della libertà dei cittadini e nessuna intelligenza sia obbligata ad abdicare ad un malinteso concetto che la democrazia castrata possa diventare tirannide.
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