Matteo Messina Denaro: il boss non compare al processo sulle stragi

L’uomo è imputato come mandante degli attentati di Capaci e via D’Amelio

Una sedia vuota. Ha scelto di non presentarsi l’ex latitante Matteo Messina Denaro recluso nel supercarcere de L’Aquila. Oggi era in programma, nell’aula bunker del carcere di Caltanissetta, l’udienza – la prima dopo la cattura – del processo d’appello in cui è imputato quale mandante delle stragi del 1992. Un passaggio processuale significativo nel giorno del compleanno di Paolo Borsellino che oggi avrebbe compiuto 83 anni. In primo grado il boss è stato condannato all’ergastolo. Il videocollegamento era stato allestito, ma lui non c’era.

La telecamera era fissa sulla stanza della struttura di massima sicurezza, con un banco dietro il quale era seduto l’agente e, accanto, una sedia vuota. Adesso si attende la prossima udienza fissata per il 9 marzo. Il boss ha formalizzato la nomina dell’avvocata, Lorenza Guttadauro, sua nipote: la penalista, infatti, è figlia della sorella Rosalia e di Filippo Guttadauro.

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Il nonno paterno – padre di Filippo – è lo storico boss di Brancaccio, Giuseppe Guttadauro. La decisione è stata comunicata nel corso dell’udienza nella legale è stata sostituita dall’avvocato d’ufficio Salvatore Baglio che ha seguito il primo grado e che ha chiesto la concessione di un termine a difesa rappresentando che la notifica dell’ordinanza cautelare all’imputato e la contestuale nomina dell’avvocato di fiducia è avvenuta oggi.

Il pg Patti: «C’è l’auspicio che questa persona possa dare un contributo»

Anche per il 9 marzo sarà predisposto il collegamento con il carcere abruzzere. «Sarebbe sicuramente ben gradita la sua presenza, soprattutto se fosse una presenza non muta, ma parlante», ha detto il Pg di Caltanissetta Antonino Patti: «Stiamo vivendo questo momento con soddisfazione perché, a parte la botta nei confronti dell’organizzazione mafiosa e ciò che l’arresto di Messina Denaro significa, c’è anche l’auspicio che questa persona possa dare un contributo, possa collaborare anche se nessuno, in questo momento può sapere cosa passi dalla mente di Messina Denaro. Sulle stragi lui sa cose che molti non sanno», è stato già condannato in primo grado, ha spiegato, per essere stato il mandante delle stragi del ‘92, «per essere il principale fiancheggiatore di Riina nel progetto stragista e a riprova di questo un capitolo interessante del nostro processo è quello sulla cosiddetta missione romana».

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Messina Denaro, «stavolta materialmente, quindi come componente di un sestetto, formato da uomini di rilievo assoluto di Cosa nostra, tra i quali Giuseppe Graviano, parte dalla Sicilia per cercare di assassinare Falcone a Roma avendo anche altri obiettivi, quali Martelli e Maurizio Costanzo, missione che poi non andò a buon fine che però è stata riscontrata in tutti i processi». Cosa cambierà adesso all’interno di Cosa nostra? «Non saprei dirlo. Sicuramente non bisogna abbassare la guardia perché ritengo che negli ultimi tempi Messina Denaro, sicuramente anche fiaccato dalla malattia, potrebbe avere un po’ abbandonato il campo»

Luppino: «Non sapevo fosse Matteo Messina Denaro»

Nelle stesse ore a Palermo è stato convalidato l’arresto di Giovanni Luppino, il commerciante di olive, incensurato, arrestato insieme al boss che aveva accompagnato in auto nella clinica di Palermo dove erano in programma terapie chemioterapiche. Luppino non si è avvalso della facoltà di non rispondere, ma ha negato che conoscesse il reale profilo del passeggero: «A me è stato presentato come Francesco, cognato di Andrea Bonafede. è stato quest’ultimo a portarmelo e – riferisce il legale riportando alcuni passaggi delle risposte di Luppino – per spirito di solidarietà mi sono prestato ad accompagnarlo a Palermo per la seduta di chemio».

Al gip che gli ha chiesto se lo avrebbe accompagnato ugualmente sapendo la reale identità il legale riferisce che Luppino ha risposto: «Solo un pazzo poteva accompagnarlo sapendo che era Matteo Messina Denaro. Per me era Francesco. E solo lunedì al momento del blitz dei carabinieri mi è stato detto chi fosse».

I sigilli alla casa della madre di Andrea Bonafede

E a Campobello di Mazara sono scattati i sigilli per la casa della madre di Andrea Bonafede, l’uomo che ha prestato la sua identità a Messina Denaro, proprietario dell’abitazione di vicolo San Vito, dove il padrino ha passato gli ultimi sei mesi della sua latitanza. Dopo la scoperta ieri del rifugio-bunker in via Maggiore Toselli, nel centro del paese, in cui sono stati trovati, in una stanza blindata, nascosta dietro il fondo scorrevole di un’armadio, gioielli e scatole, sono state estese le ricerche e adesso è scattato il sequestro dell’immobile di via Marsala, da tempo non utilizzato dalla donna, a caccia di tracce e documenti del capomafia di Castelvetrano.

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