Valditara: «Si ritornerà alla normalità antecovid»
Due scritti con le tracce decise dal ministero e un colloquio orale: nel 2023 per l’esame di maturità si torna alla «normalità», a com’era prima della pandemia. Ad annunciarlo è stato il ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, che l’ha definita come la scelta «più ragionevole» dopo essersi confrontato con «esperti ed addetti ai lavori». L’esame di Stato torna, dunque, nella veste definita dalla legge del 2017 che prevede anche una commissione mista con 3 esterni, 3 interni e un presidente.
Per quanto riguarda la prova orale, il numero uno di viale Trastevere afferma che verrà redatta una circolare che servirà a perimetrarne le caratteristiche. «Il colloquio interdisciplinare – spiega il ministro in una intervista a La Stampa – deve valorizzare le competenze degli studenti e verificare la loro capacità di fare collegamenti tra le materie. Non deve esserci l’interrogazione in italiano, in greco o in matematica».
Le prove Invalsi
Quella annunciata dal ministro non sarà l’unica novità: per la prima volta, infatti, le prove Invalsi saranno requisito di ammissione per lo svolgimento degli esami, cosa che non era mai avvenuta a causa della pandemia ma non faranno media e non saranno tema di valutazione dello studente. Non rappresenteranno, invece, elemento necessario all’ammissione i Percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento (Pcto), l’ex alternanza scuola-lavoro.
«Nessuna ostilità», puntualizza il ministro aggiungendo che l’eccezione è dovuta al fatto che «la normativa prevede un monte ore che purtroppo per il Covid molti non hanno potuto rispettare». Per i presidi il ritorno ad una maturità prepandemica è una scelta «condivisibile». «Tutti noi respiriamo una aria di maggiore normalità. Fatto salvo le notizie che arrivano dalla Cina: speriamo davvero di non dovere – afferma Antonello Giannelli, presidente dell’Anp – fare i conti con una nuova recrudescenza della pandemia ma se tutto andrà come deve si ritornerà alla normalità antecovid».
Dal canto loro gli studenti esprimono meno entusiasmo
Secondo un sondaggio di Skuola.net su un campione di 1.500 persone, solo un maturando su 4 è d’accordo con il ritorno al passato: il 56% avrebbe preferito un esame come quello proposto nel 2022 mentre un ulteriore 19% avrebbe optato un cambiamento più radicale dell’impianto dell’esame. Per il titolare del dicastero, comunque, anche per il comparto scuola l’emergenza causata dal Covid non è totalmente superata. La pandemia è evidente che «abbia lasciato strascichi». Il riferimento è all’aumento del fenomeno del bullismo e a quella che Valditara definisce come «la sempre più accentuata assenza di socializzazione».
Le occupazioni e il «chi rompe, paga»
Rispetto al tema delle occupazioni per il ministro «vale il principio che chi rompe, paga. Se ci sono dei danni questi danni vanno perseguiti innanzitutto civilmente: non possiamo sprecare diversi milioni di euro a carico dei contribuenti per comportamenti che non hanno rispetto dei beni pubblici». Sul punto è intervenuto anche il premier Meloni affermando che l’intenzione del ministro non è limitare la presenza dei movimenti politici studenteschi nelle scuole.
«Il ministro si riferiva all’uso della scuola come luogo di indottrinamento politico, da parte di chi ci lavora – ha detto il presidente del Consiglio -, un tema che a volte è stato presente, oggi mi pare meno, io ne sono stata vittima da ragazza. Questo non penso sia né giusto né normale, penso che ognuno debba avere le proprie idee ma penso che chi ha la responsabilità di insegnare debba fare attenzione».
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